Le avventure di PJ: La trasformazione di Pietro – Parte 5

Affacciato al balcone, Pietro salutò il suo gattino e lo vide sparire dietro l’angolo. Un’altra settimana cominciava e PJ doveva tornare al collage. Casa Gambadilegno era di nuovo vuota. E lo sarebbe stata fino al prossimo sabato. Pietro c’era abituato, ormai. Ma quella volta…

Con PJ, il nostro gattone si trattenne. Ma fosse stato per lui, non l’avrebbe più lasciato andare. Dopo aver assaggiato tutta quella felicità… anzi, il semplice averla riprovata dopo anni e poi doverla accantonare, anche se per qualche giorno… gli gravava come un’ingiustizia. Ma per Pietro, il bene e il futuro del figlio venivano prima di qualsiasi suo desiderio. Il nostro gattone si sentiva… un po’ come un ragazzo alla sua prima cotta. Era stato innamorato nella sua vita. Anche prima di sua moglie Peg. Ma con suo figlio fu… diverso. Più forte, intenso… intimo… o forse gli pareva perché non si sentiva così da tanto. O perché era stato per la prima volta con un altro gatto. E non uno qualsiasi. Ma suo figlio. Carne della sua carne. Sangue del suo sangue. Sperma del suo sperma. Il nostro gattone si sentiva addirittura commosso nel pensare che suo figlio PJ, che prima era uno dei suoi tanti girini fosse cresciuto e diventato un gatto così! Fiero, spontaneo, passionale… con tanta fantasia e senza paure. O per meglio dire, che le sue paure non l’avessero condizionato. Gli pareva incredibile che fosse venuto da lui. Lui, che alla sua età era tanto diverso. E Pietro ringraziò il cielo che suo figlio non ebbe i suoi stessi dilemmi. E naturalmente, che fosse riuscito a superare i suoi così bene. Già farsi accettare dagli altri è una grossa prova, pensava tra sé. Perfino oggi. Ma avere una guerra in testa… Pietro si chiese se pure lui avesse in sé quella forza che vide in suo figlio. Se, qualora c’avesse provato da ragazzo, sarebbe riuscito ad accettarsi. Far entrare nel quadro d’insieme del suo ‘io’, quella parte di lui. Stare insieme a PJ per Pietro fu pure come guardarsi dentro. Perché Pietro l’aveva sempre saputo. Ma come molti, l’aveva ignorato. E chi ignora per tanto tempo, finisce per dimenticare. O meglio, soffocare le cose. Ma nella situazione giusta al tempo giusto, tutto ritorna. Anche in quelle persone che non sanno di essere bisessuali e lo scoprono nella loro maturità. Non si può sfuggire a sé stessi. I nostri istinti sono perennemente dentro di noi. E trovano sempre il modo di venire fuori. La molla che fece scattare tutto per Pietro fu il sentirsi solo e abbandonato dalla moglie. Prima la tristezza e poi la solitudine, avevano soffocato tutte le emozioni che gli davano gioia. E dato che lui non era tipo da cercasi avventure e altre relazioni perché legato dal giuramento del matrimonio… e che l’unica persona che aveva sempre sotto gli occhi era suo figlio PJ… per istinto di fuga emotiva, la parte di sé che Pietro aveva soffocato si risvegliò. Iniziò a guardarlo in modo diverso. PJ gli ricordava tanto lui da ragazzo… e anche il tipo di maschio che gli faceva effetto da giovane e cercava di ignorare. Gli faceva battere il cuore e tirare le mutande. Ed era una così bella sensazione! Accentuata dal fatto che quasi sempre i due restavano soli a casa. La mente del nostro Pietro fantasticava sempre più. Sia quando lo spiava di nascosto e si toccava… e soprattutto quando per un motivo o l’altro lo toccava. La spalla, il viso, le cosce… non importava quale parte fosse. Quel contatto fisico lo faceva impazzire! Pietro si lasciava scivolare sempre più in quell’erotismo. Così nuovo ma così familiare. Gli dava sollievo dalle sue pene e a differenza del passato non ne provava repulsione. Anzi! Ne voleva sempre di più! E fu così che Pietro si fece la prima sega totalmente incentrata su suo figlio PJ. E sparò il primo seme che incarnava quei pensieri. E mai si era sentito più maschio! Basta carezze, pensò tra sé. Io ti avrò. Non so ancora quando. O come… ma tu sarai mio, PJ! E quella voglia cresceva ogni giorno di più. PJ non solo gli aveva riportato tutto alla mente di suo padre. Ma era riuscito pure a sbloccarlo. Quanto desiderio c’era in ogni carezza per suo figlio, da quel momento in poi! E anche se PJ non se ne era accorto, lo percepiva in qualche modo. Dato che, come sappiamo, gli veniva più difficile controllarsi. E quando Pietro lo prese sul divano, non ci fu scampo per lui.

Tornato dentro, Pietro si sedette sulla sua poltrona e cercò di calmare i bollenti spiriti che ancora ‘cuocevano’ in lui. Ma più ci provava, più pensava a PJ. I ricordi di quelle 36 ore circa passate con lui nella sua mente erano come una GIF animata. Una scena ripetuta all’infinito. E come naturale conseguenza, le sue mutande si allungavano. Erano quasi le 6 di sera. Era venuto qualche ora prima. E per ben due volte, da quella mattina. Eppure gli pareva la prima erezione del giorno. Quella che si sente al lavoro e che si cerca di reprimere. Magari con qualche toccata saltuaria. Perché è un bisogno irresistibile che ti fa muovere la mano prima il cervello dia l’impulso. Come quella del mattino. Che senti pure mentre ancora dormi. E ti fa svegliare con un bastone nelle mutande, per quel sogno erotico rimasto incompleto. L’istinto maschile nella sua forma più pura e potente!

Pietro era passato dalla mano a qualcuno arrapato come e più di lui, in poco più di un giorno. Ma l’idillio era durato troppo poco. C’era così tanto altro che avrebbe voluto fare col suo adorato PJ! Avrebbe sborrato ad oltranza, per come si sentiva.

PIETRO: Figlio mio… si… – pensava tra se mentre ad occhi chiusi. Seduto sulla poltrona del salotto. Le sue mutande si gonfiavano, allungandosi sempre più. Puntavano verso destra. Nemmeno a farlo apposta, al balcone. Pareva che il cazzo di Pietro puntasse verso PJ, chissà dove per strada. Come l’ago di una bussola.

Pietro era così eccitato che pensava solo a prenderselo in mano e segarsi. Non si sarebbe nemmeno tolto le mutande, tanto era preso. E infatti così fece. Da sfregarsi il cazzo come la lampada di Aladino, Pietro prese a masturbarsi propriamente. Stringendolo nel pugno, da fuori le mutande. Pietro si segava a mano inversa, data la posizione in cui era il suo cazzo. Poi rimestando dentro gli slip, puntò il pisello dall’altro lato. Così da poterlo prendere con la presa normale. Le mutande del nostro gattone avevano già da un po’ perso l’aderenza del ‘nuovo’. Il cedimento del tessuto dava la comodità senza costrizione e facilitava il toccarsi e massaggiarsi. Pietro fece partire le sue fantasie. Immaginò fosse suo figlio a toccarlo. Li in ginocchio davanti alla poltrona. Con la sua mano tozza e spezza, tanto simile alla propria. Come è giusto che sia. E il faccione pacioso di PJ poggiato sulla sua coscia. Che lo guardava sorridente e desideroso di lui, mentre lo toccava. Avvicinandosi poi sempre più verso le mutande del padre, PJ ci affondò sopra. Per annusare a pieni polmoni la sua essenza maschia. E il naso si sa, in così poco tempo chiama le labbra… e la lingua. Pietro mise il turbo quando nella sua mente PJ gli sfilò le mutande e le portò al viso per annusarle. Mentre con l’altra mano lo menava lentamente. Ogni tanto gli strofinava le mutande sul cazzo e poi se le rimetteva in faccia. Come per ricaricarle. Pietro era rimasto così soddisfatto che a PJ piacessero tanto gli odori! Che lo eccitassero fino a quel punto. E’ da maschio, pensava tra sé. Poi PJ piegò le mutande di suo padre e se le mise al colo, usando i buchi per la gambe. Ti piace il mio collare, papà? E’ il segno che appartengo a te… che sono una cosa tua… e abbassandosi verso il cazzo di Pietro, aprì la bocca e lo fagocitò avidamente!

Pietro si sorprendeva della sua stessa fantasia. Mutande come un colare? E quando mai ci aveva pensato, in vita sua? Pietro sentiva nella sua testa la lingua di PJ muoversi dentro la sua bocca su tutto il suo cazzo. Proprio come aveva sentito dal vivo, poche ore prima. Pietro afferrò saldamente la testa di suo figlio e ogni tanto lo muoveva veloce e lo lasciava li. Col cazzo affondato in gola. E a differenza della realtà, PJ non tossiva. E stava per tutto il tempo che Pietro voleva. Nella fantasia tutto è concesso, dopotutto. E Pietro aveva tutta l’intenzione di approfittarne senza limiti!

Dopo quel pompino, PJ scoprì totalmente con entrambe le mani la cappella di suo padre. Fece una lunga leccata dallo scroto fino al frenulo. E passando dal prepuzio lo trascinò lievemente. Il prepuzio scorse e tornò a ricoprire di nuovo la cappella. PJ allora si alzò, si girò di spalle e si sedette sul cazzo duro di Pietro. Lo segava piano, strofinandosi su di esso col culo. Avanti e indietro.

PJ: Papà mio… Tu sei il maschio di casa! E devi sfogarti! E’ un bisogno sacrosanto, il tuo. E dovuto! Si… vuoi entrare qui dentro, vero? E inondarmi con tutto il tuo latte caldo! Si… sono nato per questo. E ‘da’ questo. E si alzò. Si mise a pecora per terra davanti al padre. Ondeggiava il culo su e giù. Le sue carni abbondanti sobbalzavano nella maniera più seducente che esiste! Il richiamo del sedere è il più potente che esiste! Attrae tutti gli uomini. Gay, etero… nessuno può resistere! E’ come la lanterna per le zanzare! PJ si girò verso suo padre e lo chiamava – Vieni, papino… Sono qui…  e sono tutto tuo. Vieni… Entra dentro di me. Prendi quello che ti spetta… quello che è tuo!

Quelle frasi super eccitanti di suo figlio PJ, erano entrate nel profondo dentro Pietro. Le sentiva già come parte di lui… Il concetto stesso di padre e figlio e il loro legame avevano subito un evoluzione incredibile, per lui! Pur restando di fondo gli stessi. In termini biologici e ancor prima di affetto. Era come passare da vedere un solo pezzo, ad osservare il puzzle completo. E gli piaceva, al nostro gattone! Cazzo, se gli piaceva!

Nel frattempo, Pietro aveva rimestano di nuovo nelle sue mutande. Ora il suo cazzo era in posizione centrale e puntava verso il suo faccione. Nella tua testa allora, passò all’azione. Si alzò dalla poltrona con l’animo di una bestia e calatosi su PJ, Gli strappò le mutande a mani nude! STRAP! Dal cinto fino in basso, le fece a brandelli, per togliergliele. E poi le lanciò via. Come è forte il mio papà! Diceva PJ. Questo è niente, rispose lui. E glie lo ficcò dentro con forza. PJ fece un lungo ansimo di piacere. Papà… avanti… il mio culo è tuo. Usalo per soddisfare la tua giusta voglia! Pietro iniziò a scavargli il culo. Afferrandogli con una mano, la testa e con l’altra, il fianco. Per avere più presa e controllo sui movimenti della scopata.

Quel culo caldo così accogliente in cui si era svuotato, il giorno prima! Gli era così rimasto impresso che gli pareva di sentirlo con precisione matematica! Più Pietro scavava forte, più PJ ansimava e diceva cose eccitanti. E più PJ diceva cose eccitanti più Pietro scavava forte. Padre e figlio si alimentavano a vicenda. E il nostro gattone andava sempre più forte… sempre più veloce… l’avrebbe proprio aperto il suo PJ, se fosse stato davvero li.

PIETRO: Ti sfondo! – Disse con voce roca e ringhiando. E tra uno sfregamento e l’altro, s’accavallò un suono più forte e netto.

Pietro aprì gli occhi e non credeva a ciò che vedeva. Il suo cazzo duro e scappellato, sbucava davanti a lui. Pietro immaginava di sfondare PJ… ma nella realtà aveva sfondato le stesse mutande!

PIETRO: Porca troia! – disse con stupore. Questo figliolo mio… mi ha fatto diventare una bestia! Ahahahahah

Pietro si lasciò andare a una risata rumorosa e senza freni. Poi s’alzò, si tolse le mutande e andò in camera da letto a prenderne un’altro paio. Sperava di trovare un altro paio di slip bianchi. Ma erano rimasti solo i parigamba a pois verdi. E così ne prese uno. E gli scappò un’altra risata. Pietro non era tipo da mutande stravaganti. Tipo quelle che si vedono nei cartoni animati. E si ricordò di quando sua moglie glie le comprò. Fu proprio nel primo periodo che iniziò a viaggiare per lavoro. Il loro venditore di fiducia aveva esaurito le mutande bianche. Sia slip che parigamba. E si era offerto di mettergliele da parte per la prossima volta. Ma quel giorno, lei sarebbe già stata fuori in uno dei suoi viaggi di lavoro. E avendo la testa parecchio distratta, comprò il primo paio che vide per togliersi il pensiero. E Pietro dovette accontentarsi. Meno male che almeno la misura era giusta, pensò tra sé. E si mise a ridere ancora, pensandoci.

Pietro stava per buttare le mutande rotte ma poi pensò: Le posso ancora usare… Chissà che faccia farà PJ, quando le vedrà! E allora le conservò nello stesso cassetto in cui aveva preso quelle nuove.

Tornato in salotto, Pietro poggiò le mutande sul mobile e si sedette di nuovo sulla poltrona. Riprese da dove aveva lasciato. Si rivide di nuovo sopra suo figlio. Messo a pecora, per terra. E spingeva, spingeva, spingeva… Dava sculacciate a suo figlio e continuava a spingere… I gemiti di PJ erano così freschi nella testa di Pietro che gli davano l’impressione che suo figlio fosse davvero li con lui. E questo lo infuocò ancora di più. E così passò da una posizione all’altra. Prima al muro. Le mani sopra quelle di PJ che erano col palmo al muro. E la parete tremava ad ogni spinta. Pietro leccava il collo del suo PJ e qualsiasi altro punto del corpo del figlio che la sua lingua poteva raggiungere. Sono buono, papino? – sussurrava suo figlio a singhiozzo tra una spinta e l’altra…

PIETRO: Minkiùni! Ti manciàssi tùttu! Ùara gìrati, sàngu mìu… T’ vògghiu taliàri e basàri mèntri ti fìccu…

(Cazzo. Ti mangerei tutto! Ora girati, figli mio… Voglio guardarti e baciarti mentre ti scopo…)

Pietro dunque si sfilò da lui. PJ si stese a terra supino e alzò le gambe, con un sorriso biricchino. Calandosi su di lui, Pietro lo baciò. Il suo cazzo era così duro da essere all’altezza giusta per entrare nel culo di PJ già solo con quel movimento. Quando se ne accorse…

PIETRO: Oh… trasìu sùlu, sangò…

(Oh…È entrato da solo, figliolo…)

PJ: È la natura, papà. A lui non serve che la testa gli dica deve entrare. Sopratutto quando sente me. – E le braccia cinsero i fianchi le padre – Siamo una cosa sola, papà. Io mi sento ancora nelle tue palle come quando sono nato. Ed è così che tu devi prendermi. Come se ti prendessi il cazzo. Io sono una cosa tua, papà. – ora le mani gli cingevano il viso – E lo sarò per sempre…

PIETRO: Vìta mìa…

(Vita mia…)

E lo baciò di nuovo. E mentre lo baciava, spingeva. Sempre più veloce. E con energia. Pietro che prima si reggeva con le mani a terra, si aggrappò alle natiche del figlio. Una presa salda e forte. Ma pure tanto dolce. Come se le sue mani si fossero soltanto posate li. Come un uccellino su un ramo d’albero. Anche se non le teneva poi, essendo a carponi su suo figlio, Pietro aveva le gambe di PJ tra le sue ginocchia e la parte posteriore delle braccia. Sembrava quasi di vedere uno di quei rompicapi di legno in cui bisogna incastrare pezzi dalle forme più strane per formarne una comune come un cubo o una sfera. E in natura non esistono ‘pezzi’ che si incastrano meglio e con perfezione intrinseca come un padre e suo figlio.

Pietro si ricordò della loro scopata del giorno prima. Nella sua mente, lui e suo figlio erano in una posizione diversa della smorza-candela, con cui erano diventati una cosa sola. Ma c’era una cosa in particolare che lo aveva reso fiero. E per cui la posizione non aveva nessuna importanza. Pietro si era abbassato di nuovo su PJ e lo baciava mentre continuava a fare il martello pneumatico nel suo culo. In quel contatto così vicino da essere davvero una sola carne, il nostro gattone sentì un calore sul suo pancione. E una sensazione di bagnato mentre percepiva suo figlio muoversi a scatti. Lui sapeva bene cosa stava accadendo. E si risollevò. Com’era successo nella realtà, le poderose spinte di Pietro avevano fatto venire PJ. Il suo sperma stava ancora colando fuori. L’ultimo rivolo uscì in diretta allo sguardo di Pietro. Era denso e bianco. E il suo peso l’aveva fatto colare sul lato del pancione di PJ. Un ultimo spasmo e PJ chiuse quell’orgasmo nell’estasi, ansimando un ‘Papà’…                                                   

PIETRO: Sàngu mìu… si ancùara accussì del’càtu! O fòissi è a me mìnkia ca n’avi ancùara trùappu pi tìa…

(Figlio mio… sei ancora così sensibile! O forse è il mio cazzo ad essere ancora troppo per te…)

PJ: Tùtti ru cùasi…

(Tutte e due le cose…)

Anche PJ aveva preso a parlare il dialetto di suo padre. Nella sua mente Pietro ormai non aveva più paletti!

PJ: Pi chìstu ma tignàri ancùara assài. E ghinchìrim’i rùci a fùttiri! Ma nìascir’i tutt’i pirtùsa!

(Per questo devi ancora scoparmi molto. E riempirmi di latte a fiumi! Deve uscirmi da tutti i buchi!)

PIETRO: Se… e stainnàta vìaru tu fàzzu nìasciri runnegghiè, pi còmu m’inchìst’i pàlli! Mett’ti r’accussì…

(Si… e oggi te lo faccio fuoriuscire dappertutto sul serio, per come m’hai riempito le palle! Mettiti così…)

Nella sua testa ora, Pietro e suo figlio erano a cucchiaio. Ma Pietro teneva sollevata una delle gambe di PJ. E spingeva di nuovo come un martello pneumatico. La forza che metteva nella sua testa per scopare il culo di PJ, si rifletteva in quella che metteva nel suo pugno, nella realtà. Ed era visibile anche nei suoi denti stretti. Pietro s’arrese alla sua eccitazione totalmente. E non passò molto prima che sentisse avvicinarsi l’orgasmo. Ma non gli importava. Era immerso nella sua fantasia e non aveva intenzione di fermarsi. L’eccitazione era tale che voleva scoppiare nella maniera più… ‘esplosiva’ che avesse mai fatto. Si sentiva così forte e maschio che gli pareva di poter fare qualcosa di pazzesco. Di sovrumano. Riempire l’intero salotto… no! L’intera casa con la sua sborra calda. E allora menava… menava… menava… sempre con più forza… e la contrazione che irrigidisce tutto si faceva sempre più vicina…

PIETRO: Figghiu mìu… ‘ncìntu ti mìattu!!!

(Figlio mio… Ti metto incinto!!!)

L’orgasmo era alle porte quand’ecco che il campanello suonò. DIN DON! Pietro sussultò! Chi poteva essere a quell’ora? Indossò le mutande che aveva preso prima. Nemmeno a dirlo, stavano così tese che c’era rischio si bucassero pure quelle. Pietro andò alla porta. Dallo spioncino vide che si trattava di Beef. Il padre di Roxanne, la fidanzata di Max. Il figlio di Pippo e uno dei migliori amici di suo figlio PJ. Da quando aveva conosciuto il suo nuovo compagno che guarda caso abitava nello stesso palazzo di Pietro, Beef passava sempre più tempo li che a casa sua. Ancora di più quando la figlia iniziò ad andare al college. Restando solo a casa, Beef decise di convivere col compagno fino alle fine delle lezioni e al ritorno della figlia. Ma essendo fidanzata, Roxanne ormai non passava più tanto tempo in casa o con suo padre. Come è logico che sia. E allora Beef decise di venire ad abitare in pianta stabile dal suo compagno. Recandosi ogni tanto a casa sua per tenerla sotto controllo. Sapendo dunque che anche Pietro restava solo a casa durante la settimana per lo stesso suo motivo, Beef passava spesso a trovarlo.

Beef era un bel cagnolone della stessa pasta di Pietro. Robusto e spesso. Anche a lui l’età e gli anni avevano regalato un bel pancione tondeggiante! Aveva uno sguardo rabbioso e burbero ma in realtà era uno a cui piaceva scherzare su ogni cosa. Perfino su quello sguardo che da ragazzo aveva spesso usato per difendere sia sé stesso che il suo amico Pietro dai classici bulli che purtroppo non mancano mai nelle scuole. Era il classico gigante buono. Duro fuori ma dolce dentro. Ne avevano combinate lui e Pietro da ragazzi!

Beef dunque andò a trovare il nostro Pietro. E siccome era un tipo che se ne fregava di ciò che dicono gli altri, si presentò con la sua solita divisa. Quella che tante volte Pietro gli aveva visto addosso quando andava a trovarlo. Canotta bianca e boxer a righe verticali verdi e marroni. Pietro aprì la porta.

BEEF: Ciao, amico. Come te la passi? – e gli cadde l’occhio sulle mutande di Pietro. Impossibili da non notare – Cavolo! Ho forse interrotto qualcosa? – Disse alzando il capo, guardando oltre Pietro.

PIETRO: No no. Tranquillo. Sono solo. Mi stavo sparando una sega.

BEEF: Come se tu fossi uno che fa certe cose… Ahahah Mmm… come vorrei darti una mano, amico mio…

Pietro era ancora sotto l’influsso dell’eccitazione di prima. E davanti a Beef, gli tornò in mente il passato di nuovo. Era infatti il suo amico ed ex-compagno di scuola Beef, una delle ragioni più grosse che a suo tempo spinsero il nostro gattone a ignorare ciò che sentiva. A Pietro infatti Beef piaceva. E molto. Anzi. Fu proprio lui che gli fece aprire gli occhi sulla sua parte gay. Negli spogliatoi delle palestre, a scuola. E di conseguenza a far nascere quel pensiero negativo di rifiuto che PJ lesse sul suo diario. Che divenne poi il lucchetto di quella parte di Pietro. Un lucchetto che ora era stato schiuso per sempre da quella chiave speciale che aveva preso il meglio di lui. Pietro allora si fece nuovamente la stessa domanda di prima. Cosa sarebbe successo se non avesse rifiutato quella parte di lui? Se ci avesse provato… magari proprio con Beef. Cosa avrebbero potuto fare loro due insieme? Pietro voleva tanto rispondere a questa domanda e così prese la mano di Beef e la portò sulle sue mutande.

BEEF: Ma… che stai facendo, amico? – disse sorpreso

PIETRO: Hai detto che volevi darmi una mano, no?

BEEF: E tu… la vuoi da me? Da un maschio? Da quando in qua?

PIETRO: E tu da quando ti fai tutti questi scrupoli? Io mi ricordo che da ragazzi, sfruttavi ogni scusa per mettermi le mani addosso.

BEEF: Ma tu ti tiravi indietro come una verginella, ricordo… – disse ridendo

PIETRO: Perché ero uno stupido. Non capivo quanto fosse bello. Ma adesso… – e strinse nel pugno la mano di Beef. Per fargliela chiudere sul suo cazzo duro perché lo sentisse meglio – adesso lo so.

BEEF: Non ci credo! Tu sei stato… con un altro maschio! E’ per questo che… Ma aspetta! Come la metti con tua moglie?

PIETRO: Ho deciso di divorziare. Non siamo più nulla da anni, ormai. Il mio matrimonio è già finto da un pezzo. Io già lo sapevo ma…

BEEF: Ma orati sei fatto intostare l’uccello dopo tanto tempo e non ci vuoi rinunciare. Siamo fatti tutti di carne, amico mio…ahahahah – e via alle risate

PIETRO: Allora,  lo vuoi?  O devo fare da solo?

Ma Beef serrando il cazzo di Pietro con forza lo tirò a sé!

BEEF: Tu che cosa ne dici, maschione? –  e lo baciò

Dopo tanti tentativi andati a vuoto fin dai tempi della scuola, Beef non si sarebbe lasciato scappare quell’occasione per niente a mondo! Lui e il suo compagno erano una coppia aperta e quindi ogni tanto si concedevano qualche avventura per conto loro. Anche Pietro lo sapeva. Per questo si fece avanti.

Pietro spostò la canotta di Beef di lato ed espose un suo capezzolo. Ci si attaccò a ventosa! E succhiava… succhiava… Cercò di fare come suo figlio fece con lui. Non che fosse un azione nuova, in realtà. Dopotutto i capezzoli li abbiamo tutti. Maschi e femmine. Ma Pietro si sentiva più bravo, grazie all’esperienza con PJ. E infatti…

BEEF: Si, cazzo. Tu sei proprio stato con qualcuno. E’ evidente! Ricordo che mi raccontavi quando lo facevi alle micie che ti sbattevi… Ah! Ma ora si sente che hai imparato come si fa ad un maschio… Cazzo, si! Non fermarti! – Il cagnolone era in estasi

Mentre Pietro succhiava il capezzolo di Beef, la sua mano scendendo per il suo pancione, s’intrufolò nei suoi boxer. Il gattone era già nell’estasi. Ma ancora di più quando senti il pesciolone spesso di Beef in mano. Si muoveva. Saltellava. E la sua punta era bagnata. Forse di pre-sperma. O magari aveva pisciato poco prima. Pietro sapeva come fugare il dubbio. Uscì la mano dai boxer di Beef e l’annusò. Leccandosi le dita.

PIETRO: Amico… non hai ‘scolutàto’ bene…

BEEF: Come?

PIETRO: Ah, già, Così si dice dalle parti mie. Intendevo dire che non hai scrollato bene…

BEEF: Ah! Oh beh, amico… l’ultima goccia di piscio se la prendono sempre le mutande. Perché quindi negargli le altre? Si fanno compagnia. Io sono anni che non scrollo più. Tra maschi non serve stare attenti a fare sempre profumo di fresco. Come vogliono le donne. Ed è per questo che ho da sempre preferito i maschi. Tra noi, non ci sono queste stronzate. C’è solo libertà di essere e odorare così come siamo. L’odore che facciamo… mi piace tanto! E mi fa arrapare… E pure negli altri. È l’odore di cazzo che ci fa maschi! Ci fa trovare dagli altri a naso! Come fanno gli altri animali. E subito ti senti una bestia! Non è vero?

Pietro rispose affermativamente come se l’avesse detto assieme a suo figlio. Era sicuro che PJ la pensasse allo stesso modo, visto che il giorno prima gli aveva chiesto di pisciargli nel culo. Il gattone rimise la sua mano nei boxer di Beef e riprese a toccargli il pisello. Giochicchiando col suo prepuzio e… beh… ripensando a ciò che aveva fatto con suo figlio, gli curava anche le palle in modo molto… ‘frizzante’.

BEEF: Ahahahaahhhh… Si… Cheeeeee beeeeeellooooooo! Me lo devi proprio dire chi hai incontrato, amico.

Quella grattata di coglioni scatenò un erezione pazzesca! Velocissima! Beef aveva lo scroto molto sensibile. O forse era la prima volta che qualcuno glie lo grattava. Il cagnolone si tolse la canotta. E la spiaccicò in faccia a Pietro.

BEEF: Tieni… ti piacciono gli odori? Respira a pieni polmoni! Eheheheh

Pietro spalancò gli occhi. Le sue palpebre poi si chiusero a metà, formando quell’espressone languida dell’estasi dei sensi. Il nostro gattone muoveva la testa. Strusciandosi sulla canotta di Beef. Annusandone ogni fibra. Specie quelle più scure e macchiate. Più cariche di odori. Pietro era immerso in una nuvola di piacere. Si sentiva volare. Cioè, galleggiare in aria. Intontito come chi annusa le botti di vino chiuse in un magazzino. I suoi versi di goduria si fecero sempre più incisivi e furenti! Finché di colpo con una manata, spinse via la mano di Beef, facendogli cadere la canotta a terra. E passò ad annusare e leccare lui. Lo leccava ovunque. Specie sotto le ascelle.

PIETRO: Ahhh…Si… Quant’ bello il tuo sudore! Minkia, Beef! Sudi come uno scaricatore di porto! Ahhh… minkia, ti lavoooooo….. ahhh…. – il nostro gattone leccava con tanto gusto! Fu come un’onda anomala per Beef, tutta quella furia erotica. Più andava avanti più era sorpreso del suo amico.

BEEF: Ma chi cazzo è che ti ha scatenato così, amico? Deve essere un tipo pazzesco…

PIETRO: E non puoi immaginare quanto!

BEEF: Ma lo conosco?

PIETRO: Oh, si… e pure da molto. Un giorno gli hai fatto anche un enorme favore…

BEEF: Un favore? Ti prego, dimmi chi è…

PIETRO: Dopo, Beef. Dopo… – disse in maniera sconnessa. Non è agevole parlare quando la lingua è impegnata a fare altro…

BEEF: Si… ho capito. Sfogati, Piè! – Così Beef chiamava il suo amico, da ragazzo. E spesso ripescava questo nomignolo per i momenti più divertenti… e intimi, in questo caso.

PIETRO: Ehi… – Pietro alzò la testa dall’ascella di Beef – Che ne dici di metterci più comodi? Andiamo in camera da letto. – ora era faccia a faccia con lui – Voglio servirti come si deve… e per farlo devi essere comodo e a tuo agio…

PJ aveva proprio lasciato la sua impronta su suo padre. Gli aveva detto solo ‘A spingere ci penso io’. Ma Pietro aveva colto in pieno il senso che nasceva da quella frase. E ora voleva riservare a Beef lo stesso che aveva ricevuto da suo figlio. Perché voleva provasse ciò che aveva provato lui.

BEEF: ‘Servirmi’, eh? E va bene. – E prendendo la nuca di Pietro, Beef lo tirò a sé, infilandogli la lingua in bocca. L’altra sua mano scivolando sulla schiena di Pietro, arrivò in mezzo alle sue chiappe. Pietro sentì uno dei ditoni di Beef premere sul suo buco. E sussultò. Ma si lasciò trasportare da quella sensazione, con un lungo mugolio. – Non vedo l’ora di vedere come si soggiorna qui dentro! Portami a letto…

Pietro allora prese per mano Beef. A terra davanti a lui, Pietro vide la canotta di Beef. E gli tornò in mente una cosa che aveva immaginato prima, mentre si segava. Così si fermò, si chinò e raccolse la canotta del suo amico cagnolone.

PIETRO: Potrebbe ancora servire – fece col sorriso ironico e un occhiolino. Beef scoppiò a ridere.

Attraversato il corridoio, Pietro portò il Beef in camera da letto.

Entrato nella stanza, Pietro gettò la canotta del suo amico sul letto. Tenendolo ancora per mano, il nostro gattone salì sul letto, andando all’indietro. Senza distogliere lo sguardo da Beef, lo tirava a sé. Come a dire: Vienimi addosso. Sono tuo. E così fece. Beef e Pietro, uno sull’altro sul letto si baciarono di nuovo. E le loro mani viaggiavano di qua e di la. Sul viso, sulla schiena, sui fianchi… libere. Guidate solo dalla passione.

BEEF: Quanto ho aspettato questo momento! Non immagini quante seghe mi sia fatto, pensandoti… Cosa ti avrei fatto quando eravamo insieme negli spogliatoi della scuola! E una volta c’ero andato vicino, cazzo… –  e con una mano strinse forte uno dei pettorali gonfi di Pietro

PIETRO: Quando? – fece ansimando

BEEF: Ricordi quella volta che per scherzo ti arrivai da dietro e ti calai le mutande alle caviglie? Ti dissi che era solo un scherzo. Ma te la prendesti così tanto che mi si ritirò come l’avessi messo nell’acqua ghiacciata…

PIETRO: Già… allora ero proprio scemo… – Beef lo interruppe

BEEF: Ma no, pesciolone… è solo che non eri pronto. Ma adesso lo sei. Si, lo sei eccome…

E il bacio di Beef divenne ancora più pesante e carico di foga di prima. Come se lue mani sul suo amico. E più andava avanti e più si lasciava andare. Senza freni. Si era frenato già anche troppo, il nostro cagnolone. Pietro e Beef si sentivano in paradiso. Stettero così per un bel po’. Sembrava quasi di vedere due amanti che erano stati lontano anni! Era più che evidente che avessero questioni in sospeso. Ma non saprebbe più stato così!

PIETRO: Si… Voglio leccarti ancora le ascelle, amico… il tuo sudore ha un gusto stupendo…

BEEF: Ma io voglio continuare a tenerti il cazzo in mano. – Per tutto il tempo infatti, Beef aveva rimestato interrottamente le mutande di Pietro. E con la faccia furba – Facciamo così: mettiamoci a 69. Così tu puoi lavarmi l’ascella. E io allungando il braccio per dartela, posso continuare a giocare col tuo cazzo dentro le mutande. Me l’hai fatto desiderare da troppo tempo. Non voglio lasciarlo più nemmeno un secondo!

PIETRO: D’accordo.

BEEF: Ma tra un po’ ci togliamo tutto, eh? Le palle iniziano a pesarmi…

PIETRO: A chi lo dici!

E Pietro si stese in direzione opposta rispetto a Beef. Il nostro gatto riprese a leccare l’ascella sudata di Beef. Il sudore del cagnolone era davvero intenso… da far girare la testa! Potente! A tratti un’espressione stralunata si formava sul viso di Pietro. In parte provocata pure dal sentirsi rimestare le mutande dal suo amico. Ed era proprio in quei momenti che il gattone leccava di più e con più fame.

BEEF: Aaaaaah… ancora non mi pare vero! Questo pesciolone! Ogni volta che lo sognavo, mi spruzzava addosso litri di sborra calda. La stessa quantità che mi trovavo nelle mutande, quando mi svegliavo. E dovevo cambiarle. Uuuuhhh… si, proprio così, amico. Eh? Aspetta ma… – Ma continuando a toccare lo sentiva ancora duro e continuò – Ah… volevo dire! Ti stai caricando così tanto che un po’ ti esce fuori. Chissà come mi scoppierai nel culo! Si. Voglio che sia tu il primo a scavare. Direi che me lo merito, dopo averti dovuto rimpiazzare con un dildo per tanti anni…

PIETRO: Assolutamente… SLURP Ti assicuro… SLURP che mi farò perdonare… SLURP

Anche Pietro in tutto questo, rimestava i boxer di Beef. Il cazzo del cagnolone era perfettamente disteso sul lato. Pietro ne sentiva più che chiaramente spessore e sopratutto lunghezza.

PIETRO: Mmmm… SLURP… com’è che tua moglie ha lasciato un minkione così? Io non l’avrei fatto…

BEEF: E chi lo sa… le donne non fanno altro che lamentarsi! OH!

Pietro aveva infilato la mano nei boxer di Beef, facendola passare per la feritoia che si apre quando si va in bagno. Lo masturbava lentamente. Arrivava fino infondo. Sia all’andata che al ritorno.

BEEF: Se le tocchi, ti dicono che hai solo sesso in testa. Oh… Ma se non lo fai, dicono che non le ami più. E se dici la tua su una cosa che riguarda tutti e due, dicono che non capisci niente. Vogliono avere sempre ragione. Oh… meglio stare tra uomini, Piè… Cazzo!

Conoscendo Beef dai tempi della scuola, Pietro sapeva che il suo amico non aveva mai avuto una grande pazienza con le donne. O per meglio dire, detestava dover cambiare sé stesso, rinunciando a parti di lui, per assecondare le fantasie favolistiche della maggior parte delle donne, per conquistarle. E ancora di più, il sapere che era inevitabile. Pietro pensava che per amore qualche sacrificio fosse normale, farlo. Pur tuttavia Pietro conobbe l’ex-moglie di Beef.

Era la tipica cagna che approfittava del suo fascino per spadroneggiare e rompere su ogni cosa. Per tutto il tempo che lui era li, assieme alla sua famiglia ovviamente, lei non faceva altro che infilare la propria opinione forzatamente e spesso non richiesta su ogni cosa che dicesse Beef. Anche mentre parlava a quattr’occhi con Pietro. Di cose da uomini, insomma. Voleva sempre controllare tutto. Pietro si chiese, conoscendo Beef, come avesse fatto a sopportarla fino a quel momento. Perché non l’aveva lasciata prima? Beef da questo punto di vista era molto simile a Pietro. Pure lui provò a far funzionare il suo matrimonio. Ma si arrese molto più in fretta. Nessuno ci sarebbe riuscito con una vipera del genere! Il motivo per cui Beef non aveva divorziato subito dalla moglie era un altro. Sua figlia Roxanne. Temendo che la madre potesse influenzarla negativamente nell’età più delicata come è quella dell’adolescenza, Beef volle rimandare la separazione. Passato quel periodo, mise le carte in tavola. Letteralmente. Perché fece trovare alla moglie i moduli già firmati da lui. Era in base a questa sua cattiva esperienza sul matrimonio che Beef aveva incitato Pietro a mettere fine al suo. Sapendo che ormai di fatto non esisteva più. E più di una volta. Ma Pietro non ne voleva sapere. Fino ad allora. Per questo al nostro cagnolone prudevano le mani. La curiosità di sapere chi era stato capace di convincere il suo amico… di sbloccarlo… sesso e altro… non vedeva l’ora di scoprirlo! Ma in quel momento aveva solo un cazzo per la testa. Quello di Pietro che gli batteva in mano.

PIETRO: Capisco cosa intendi… – disse – Ma ora non pensiamo a questo. Divertiamoci…

BEEF: Già. Sono d’accordo! Spogliamoci…

Ed entrambi si tolsero le mutande. Adesso erano come papà li ha fatti. Il pisellone di Beef era così duro che stava quasi del tutto perpendicolare alla sua pancia. Come fosse tenuto su da un filo invisibile. Pietro si mise in mezzo alle gambe di Beef e prese in mano il suo cazzone, ammirandolo con meraviglia. Con due dita, fece scorrere il prepuzio scoprendo la cappella. E come una perla dentro un’ostrica, Pietro scopri una gocciolina bianca proprio sul buco dell’uretra.

La lecco via lentamente, assaporandola ad occhi chiusi.

PIETRO: Tua moglie ha perso tutto questo. Che pazza! – e allora fagocitò il pisellone di Beef in un boccone. Ma mise così tanto slancio, da darsi un colpo di glande in mezzo alle tonsille. – Ahio! – fece.

BEEF: Vacci piano, amico. – disse ridendo

PIETRO: Già. Devo prenderci ancora la mano. – e rise pure lui – Ma farò meglio! – e lo riprese in bocca.

BEEF: Imparerai prestissimo, amico mio. Anzi… tu già lo sai fare. Oh, si… Nessuno conosce il cazzo meglio di noi…Ahhhh… che ce l’abbiamo in mano da quando siamo nati. Devi solo rendertene conto, si…

Beef poggiò la sua mano sulla nuca di Pietro. Per guidarlo. Ogni tanto usava più incisività. Facendo aumentare il ritmo. Con la coda dell’occhio, Pietro scorse la canotta di Beef poggiata sul letto accanto al suo proprietario. Allungo la mano e la prese. Alternava la pompa con qualche annusata della canotta. Che ancora odorava come se Beef l’avesse appena tolta. Ogni tanto poi Pietro passava la canotta sul cazzo di Beef. Talvolta gli faceva qualche menata attraverso di essa. E poi l’annusava. Sudore e cazzo? Non c’è accoppiata aromatica migliore al mondo!

BEEF: Ti piacciono proprio gli odori, eh? Porcellone!

Questa cosa eccitò il nostro cagnolone e gli fece venire una certa voglia. La sua presa divenne più incisiva. Ad ogni succhiata, Beef spingeva un po’ in fase di discesa. Per portare Pietro sempre più vicino alla base del suo cazzo. E facendo resistenza in fase di risalita, glie lo faceva tenere in bocca per più tempo. Pietro lo notò. E allora il nostro gattone ebbe un deja-vu. Ma al contrario. Andava su e giù sul pesciolone duro di Beef aspettandosi che da un momento all’altro lui lo facesse. E infatti inclinando un po’ la testa verso l’alto, lo guardava mentre succhiava. Beef però godeva così tanto da aver reclinato la testa all’indietro. E ansimava senza sosta. Intuendo che forse si era sbagliato, Pietro riprese a succhiare come prima. Ma il nostro gattone aveva sottovalutato il suo amico. Quando Beef sentì la testa di Pietro tornare alla posizione di prima, contò fino a 10 nella sua mente. Poi lo spinse tutto giù. Boom. Pietro si divincolava e tossiva. Ma Beef lo tenne così per un paio di secondi. A Pietro ovviamente, sembrarono di più. Quando il cagnolone lo lasciò Pietro levò un respiro enorme… e tossì forte. Beef rise sguaiatamente.

BEEF: Ahahahahah ne hai ancora di cose da imparare, amico! – per aiutarlo gli batté le spalle. Credevi mi servisse vederti per capire che mi guardavi? Ti tenevo la nuca con la mano, Piè. Certe cose hanno più gusto se vengono fatte a sorpresa.

PIETRO: Sei un bastardo… mi stavi facendo soffocare… – disse con la voce un po’ roca

BEEF: Andiamo, non fare la lagna! I soffocotti fanno parte del sesso. Non lo sapevi? Eppure te ne sei fatti fare un sacco da tutte quelle micie, da giovane… E un vero uomo l’impara così. Senza lamentarsi. E tu sei un vero uomo. Dico bene?

Pietro allora ripensò di nuovo a quello che era accaduto con PJ. Alla sua reazione. Ai suoi occhi era spropositata. Adesso avendola sentita, la comprese. Ma essa però non cambiava il fatto che Beef aveva ragione. E difatti così come suo figlio superò quello spavento iniziale e aveva continuato, riprovando a farlo e imparando… così doveva farlo anche lui.

PIETRO: Si. Sono un vero uomo. E lo rifarò!

BEEF: Così mi piaci! – e la mano di Beef che era sulla spalla di Pietro scivolò di nuovo sulla sua nuca. E come se l’avesse portata lui la sua testa, Pietro si abbassò e riprese il cazzone di Beef in bocca.

Pietro andava su e giù. Su e giù. Su e giù. E ogni volta raggiungeva un punto più lontano di prima dalla metà del pisello di Beef. Proprio come fece PJ col suo. Di tanto in tanto provava a prenderlo tutto. Qualche volta riusciva, altre volte tossiva subito o gli veniva il riflesso faringeo.

BEEF: Non avere fretta, amico mio. Prenditi il tuo tempo. Modestamente ho un bel cazzone, io. Ma mi sarebbe piaciuto averlo un po’ più piccolo. – Pietro a sentire questa cosa si era fermato – Ehi, non guardarmi così. Non è che mi lamento di averlo bello abbondante. So che ci sono tanti che lo vorrebbero più grosso. Come il mio. Ma i cazzi grossi sono più impegnativi. Trovare qualcuno che li sa gestire come si deve è decisamente molto più difficile. Se l’avessi più piccolo non ti verrebbe più facile prenderlo tutto in gola? Ahahahah Comunque te la stai cavando benissimo, amico mio! Continua così.

Pietro si sentiva galvanizzato da quei complimenti. Con quei continui tentativi mancati pensava di essere in alto mare. Beef reclinò di nuovo la testa all’indietro per la goduria. Il nostro gattone andava lento, veloce, lento, veloce… poi si fermava e affondava sul cazzo per prenderlo tutto. Poi riprendeva e lo faceva di nuovo. Aveva preso il via, insomma. E più andava avanti, più i suoi movimenti generali erano sicuri e più facilmente prendeva tutto il cazzo di Beef. Aveva imparato in fretta. Beef aveva ragione. Se hai il cazzo in mano da quando sei nato, la sai usare anche in modi che non pensi. Di colpo il nostro cagnolone poggiò la mano sulla fronte di Pietro e lo fermò.

BEEF: Ora basta, amico mio – disse col fiatone. Sennò poi ti scoppio subito in culo. Vieni qui. Poppa un po’ da questo – e con l’altra mano, Beef prese il suo pettorale gonfio e lo offrì a Pietro. E lui s’attaccò al suo capezzolo senza farselo dire due volte. Continuando a stringere il cazzone duro di Beef, si accoccolò stretto a lui. Con avida fame e intima estasi. Anche più di prima. Con una mano Beef mosse quella di Pietro in su e in giù sul suo pesciolone.

BEEF: Così lo puoi fare, Piè. Piano piano…

E Pietro allora segava lentamente Beef mentre gli ciucciava il capezzolo. Con l’altro braccio, il cagnolone teneva Pietro stretto a sé. E la sua presa diventava a tratti più stretta per la foga.

Stettero così per un bel po’ di tempo. Come in trance. Beef da un lato e Pietro dall’altro. Era come se avessero messo quel sesso in pausa ma continuando a fare sesso. Come chi riposa dal nuotare facendo il morto a galla. Anche quello è ‘nuotare’ in un certo senso, no? Si sentivano entrambi in pace, così. Come fossero in un oasi che era soltanto loro e di nessun’altro.

BEEF: Ah… che meraviglia! Ma dobbiamo per forza finirla questa scopata? Io voglio restare così per sempre…

PIETRO: Ma se ancora nemmeno abbiamo iniziato… – e rise

BEEF: È vero. Non vedo l’ora di entrarti dentro e… Aspetta un attimo…

PIETRO: Che c’è?

BEEF: Io sto già pensando di dartelo ma non so nemmeno se lo vuoi. Dimmi un po’… questa persona che io non vedo di sapere chi sia… – gli piaceva tanto rimarcarlo, per far notare la sua curiosità. Per far sapere che lui voleva sapere. – Cosa avete fatto? Che tu gli l’hai dato, non ho dubbi. Maschione come sei. Ma lo hai anche preso? Mmm? – e lo guardò negli occhi

PIETRO: A dire il vero, no. Perché è venuto mentre lo inculavo…

BEEF: Allora sei maschione due volte, amico! Non tutti ci riescono. Bravo! – e gli diede una pacca. Poi rise sguaiatamente mentre gli frizionava la testa. E dimmi… – riprese – tu lo vuoi?

Pietro non sapeva che rispondere. Non aveva mai pensato a prenderlo. Quando PJ gli sborrò in faccia mentre lui lo trapanava… se da un lato si sentì rassicurato poiché ancora provava timore per questo… dall’altro aveva sentito pure quella delusione che si prova quando sfuma qualcosa di importante. In quel momento era ancora sulla soglia. Ma adesso… mentre aveva il cazzo di Beef in mano… grosso, pulsante, caldo… sentiva un certo trasporto. Che era diventata una voglia che ormai sentiva chiaramente in lui. E che gli si poteva leggere negli occhi.

PIETRO: Scommetto che era questo che pensavi, amico mio. In tutte quelle seghe che ti sei fatto… – e prese a segarlo, restando vicino al suo glande – Infilarlo tra mie chiappe… – e dalla punta andava lentamente verso la base, seguendo le proprie parole – spingendolo dentro fino in fondo… – e ora era alla base dal suo cazzo. E iniziò a segarlo – e poi andare avanti e indietro li dentro, come facevi nella tua mano… – e andava sempre più veloce. Alla fine, aveva il turbo! – Più forte e più forte finché non lo sentivi… – e allora Beef lo fermò

BEEF: OH, si… basta, basta, basta! Ti prego… ti prego… – e Pietro si fermò – Piè… anche a parole mi fai eccitare! E così che parlavi alle micie, eh? Però è più facile quando si parla con una… ‘lingua’ che conosci, vero? Quasi lo vedo… questo lui che ti dice le cose che hai appena detto a me. O simili. Tu che ascolti, da bravo scolaro e poi prendi il via. Chi può essere? Proprio non ci arrivo… OH! – Pietro diede a Beef un’altra scarica di menate veloci, per riprendere la sua attenzione

PIETRO: Non ci pensare, adesso… non ci pensare…

BEEF: Però ti avevo detto che tu dovevi entrare per primo dentro di me. Ma io non resisto più. Non ti scoccia se prima ti inculo io, vero?

PIETRO: Per niente, amico mio. Prima tu, prima io… Abbiamo tutto il tempo che vogliamo. Giusto? E poi un maschio eccitato non lo si fa mai aspettare. Ha diritto al suo sfogo, amico mio. Subito…

BEEF: Ahahahah Si… hai ragione, mio amico maschio! Ce l’hai il lubrificante? – disse col fiatone

PIETRO: Scherzi? Coi porno, se non scivoli scoppi subito. Cavolo! Avrei potuto usarlo con…

BEEF: …CON???? – disse con phatos

Pietro stava per dirlo in automatico ma poi si fermò.

PIETRO: Ho detto dopo. E dopo sarà… – disse col sorriso furbo pizzicando la guancia di Beef

BEEF: Eddai…

PIETRO: Lo vuoi il mio culo o no? – Pietro adorava questo tenerlo sulle spine. Lo eccitava tantissimo. Anche perché sapeva che sarebbe stata una vera bomba. E non sapendo come lui reagisse a certe cose, preferiva dirglielo ad acque calme.

BEEF: Che bastardone! Guarda che così mi fai arrabbiare. E quando mi arrabbio… GRRR… – Anche a Beef piaceva questa cosa. Da sempre. Smaniare per qualcosa. E il dover fare il bravo e aspettare, lo faceva smaniare ancora di più. E nell’eccitazione lo rendeva più toro!

PIETRO: Ricorda che io non l’ho mai preso, amico. – Disse ridendo mentre si spalmava un po’ di gel nel culo. Ormai sapeva come fare. – Sii buono…

BEEF: Ma che fai?

PIETRO: Mi preparo…

BEEF: Ma questo deve farlo chi ti incula, amico. Ogni cazzo è diverso. E solo la persona che ti incula sa come usare le dita per preparare un altro culo al suo cazzo. Le tue dita le usi quando sei solo… o usi un dildo, come me. Dai qua… – ma avendolo in mano – Cazzo! I condom! Aspetta. Vado a prenderli. E rimessi i boxer, Beef andò nell’appartamento del suo compagno a prenderli. Tornò in un lampo. Pietro si fece trovare a quattro zampe sul letto. Con una mano distanziava una natica, esponendo un buco bagnato. Era il lubrificante che si era messo prima. Ma dava l’impressione di essere umore sessuale. Il cazzo di Beef che li teneva tesi all’estremo, sussultò nei suoi boxer. Stava circa a 40 gradi, tanto era duro.

PIETRO: Hai fatto presto, amico… Porta qui quelle dita… ho un ospite importante che non vedo l’ora di far entrare…

Beef non se lo fece ripetere due volte. Lanciò il pacchetto di condom sul letto che atterrò accanto a Pietro. Il suo cazzo fece un rimbalzo così forte che schioccò sulla sua pancia.

PIETRO: Minkia… ci potresti schiacciare lo noci!

BEEF: Le mie invece le spremerò dentro di te! – E messosi in ginocchio, stese la mani sulle sue natiche. Dando svariate sculacciate prima a una, poi all’altra. Accompagnate da commenti sempre più vogliosi che al loro volta aumentavano la potenza delle sculacciate. Che erano sempre più rumorose.

Pietro ansimava per quegli schiaffoni. Che sarebbero usciti da soli dalle mani di chiunque si fosse trovato ad ammirare quello spettacolo! Le natiche di Pietro erano morbide e robuste. Grosse e tanto pelose. Questo si che è il culo di uomo, penso tra sé Beef. Come chiunque di noi, al suo posto.

BEEF: La tua vita sta per cambiare, amico mio… Tra un po’ saremo cazzo e culo!

Quand’erano ragazzi, Pietro aveva insegnato a Beef qualche modo di dire della Paperopoli del sud. Proprio come avrebbe fatto anni dopo con suo figlio PJ. Questo in particolare significa essere persone molto vicine. Una vicinanza tale da venire paragonata alla distanza fisica tra un cazzo e un culo in un uomo. Cioè sempre attaccati tra loro. Anche se nel mondo gay, questo modo di dire ha acquisito un altro significato. Prendendo come riferimento il fatto che in una scopata tra maschi il cazzo e il culo sono i due elementi che la rendono fisicamente possibile. Nella sua forma più comune, ovviamente.

PIETRO: Già… Resterai qui dentro anche dopo essere uscito…

BEEF: Ci puoi giurare…

E intingendo un dito dentro la boccetta di lubrificante, Beef lo portò così, lucido e con una patina spessa di gel al buco di Pietro. E lo infilò. Incisivo ma senza fretta. Non era la prima volta che Beef apriva un culo vergine. Sapeva come fare. E gli ansimi di piacere Pietro lo dimostravano.

PIETRO: Ah… si… mi sento… violare ma… mi… mi piace…

Pietro si stava lasciando alle spalle incertezze, dubbi e preconcetti alla grande. Dopo quella scopata, non ne sarebbe rimasta neppure l’ombra. Lui stesso ne era sicuro.

BEEF: E questo è niente, amico mio…

PIETRO: OHH!!!! Ohhh…. – fece inarcando la testa verso l’alto. Beef aveva aggiunto un dito a quello che era già dentro il culo del nostro gattone

BEEF: Aspetta che io ti violi veramente. Entrerò dentro di te…

PIETRO: OH… mio dio… – Beef con un colpo secco, spinse le sue due dita nel culo di Pietro. Arrivando più in profondità. Ogni tanto Beef lo faceva ma ora, vedendo che l’ansimo che provocava non era più di dolore ma ti abbandono e piacere, capì che il primo scoglio era superato. E che il culo di Pietro iniziava ad allargarsi.

BEEF: Ti farò sentire uomo come mai ti sei sentito nella tua vita. Lasciale perdere quelle battute di merda. Prendersela in culo è un rituale… un segno di onore. È venire scelti da qualcuno… unirsi a lui… diventare parte di quel qualcuno… la sua virilità dentro di noi… rafforza la nostra. Ed è il segno che l’altro lascia in noi. Perché da quel momento siamo suoi… e sentendo la sua sostanza dentro di noi, può trovarci in ogni momento. Come se ne sentisse l’odore! Perché noi uomini siamo fatti per trovarci… collegarci… fonderci… lo do io a te… tu lo dai a me… e la vita gira… gira… gira… così!

PIETRO: Ah… oh, siiiiii…. Beeeef…. ooohhhh…. giiiiira… – Beef aveva aggiunto un altro dito. Adesso erano tre. E ruotando il polso da un lato e dall’altro senza sosta nell’andare avanti e indietro, aveva trasformato la sua mano in una trivella.

BEEF: Si… e adesso saremo noi a farla girare. Sei pronto?

PIETRO: Si. Sono pronto…

BEEF: Bene. – E si alzò in piedi. – Adesso ascoltami… – e allungando la mano prese il pacchetto di condom che aveva poggiato sul letto. – Quando lo senti sul tuo buco… – e prese una bustina dal pacchetto. – che preme per entrare –  e aprì la bustina – non ti irrigidire, ok? Respira profondo e spingi. Come se stessi andando in bagno. Lo aiuterai a farsi strada… – e iniziò a infilarsi il condom. – …fino in fondo. – come il condom che aveva appena finito la sua corsa, alla base del cazzo di Beef. E mentre passava un altro po’ di lubrificante sul suo cazzo foderato – Non ti mentirò, amico mio. Farà un po’ male, all’inizio. Ma prima mi lascerai entrare, prima il dolore finirà. E inizierà il piacere. Allora? Posso entrare?

PIETRO: Si, amico. Ho deciso, ormai. Ora so di volerlo. Grazie alle tue dita. Sei stato bravissimo! E anche se ho un po’ paura, voglio farlo. Vai. Entra pure…

BEEF: Pietro… come vorrei che questa persona ti avesse incontrato, da ragazzo. Sai che orge ci saremmo fatti, insieme…

PIETRO: All’epoca lui… non era… ahm… di queste parti…

BEEF: Ma abita qui, adesso. Vero? O vive in un altra città?

PIETRO: Tutt’e due, in realtà. Abita qui ma… per ora è impegnato in un… progetto a Condor city. Sta fuori tutta la settimana e torna per il weekend. Ma il progetto a quanto ne so è alla fine…

Pietro dava, una alla volta tutte le informazioni sull’identità dell’individuo misterioso che l’aveva sbloccato. E rideva nel farlo, osservando le reazioni di Beef che si arrovellava il cervello per cercare di capire chi fosse. E contemporaneamente sperava così facendo che lui lo capisse da solo. Ma nulla.

BEEF: Ma chi cazzo è questo tizio, amico? L’agente 007? – risero entrambi

PIETRO: Lo saprai dopo… Ora mettimelo dentro, dai. Sennò s’affloscia…

BEEF: Tranquillo. Non c’è questo pericolo. E’ una vita che aspetto, cazzo! Ok. Adesso te lo infilo…

E Beef poggiò il suo cazzo sul buco di Pietro e iniziò a premere per entrare, con la cappella. Come gli aveva detto l’amico, Pietro spinse. Il gel che il nostro gattone aveva sul culo scivolò su quello che Beef si era messo addosso. E mentre entrava, produceva il tipico suono pastoso che un gel fa quando ce la spalmiamo addosso. Suono diventato anche troppo familiare da qualche anno a questa parte, purtroppo.

Pietro si sentì dilaniare. Beef aveva un gran bel cazzone. Ma nonostante quella sensazione, lui ne voleva ancora. E nonostante i suoi occhi stretti, non emise alcunché. Entrata la testa del suo cazzo, Beef si appoggiò sui fianchi di Pietro. Non aveva più bisogno di tenersi l’uccello. Ormai era dentro. Si trattava solo si spingerlo dentro. E vedendo che da Pietro non gli usciva un fiato…

BEEF: Cavolo! Lo stai prendendo benissimo, per essere la prima volta! – E anche se non ne aveva ancora la certezza, decise di approfittarne… – Ehi Piè… quello cos’è? – disse indicando davanti a lui.

PIETRO: Cosa? – Fece guardando e cercando di capire cosa Beef stava indicando

Ma era un trucco. E mentre Pietro era intento a guardare, Bang! Con un colpo di reni, secco come una sparo di pistola, Beef gli ficcò il cazzo dentro il culo. Il colpo e la sensazione che ne seguì fecero inarcare altrettanto di scatto la schiena di Pietro. Passò da ‘a carponi’ a ‘in ginocchio’ in un baleno. E restò li, come freddato. Fu così intenso e subitaneo! Se la spinta di Beef fosse stata anche di un millesimo di secondo più lenta, Pietro avrebbe sentito un dolore fortissimo. Invece tutto quello che senti fu una sensazione… fu come uno di quei brividi che ti vengono sulla schiena. Ma con una velatura di bruciore per via della sensibilità maggiore delle pareti intestinali, rispetto alla pelle. Ma fu solo un velo. E non lo sentì solo dov’era il cazzo di Beef. Ma da li si irradiò su tutta la sua pancia. Proprio come il brividi sulla schiena. Per Pietro fu come se Beef fosse entrato in tutto l’intestino. E non solo nel suo ultimo tratto. L’estasi di quel momento fece come perdere le forze a Pietro. Il nostro gattone si abbandonò, ricadendo su Beef. Appoggiato sulla spalla del suo amico cagnolone, lo sguardo fisso di Pietro, a bocca aperta, incrociava il sorriso soddisfatto del suo impalatore.

BEEF: Sorpresa, amico. Sapevo che ce l’avresti fatta. – e abbassandosi lo baciò. – Non ti muovere…

E Pietro iniziò a sobbalzare in avanti. ‘Oh…’ faceva ad ogni sobbalzo. Le sue carni abbondanti ondeggiavano sinuosamente.

BEEF: Ti piace sentire che qualcuno ti scava il culo, eh? Hop, hop, hop, hop… – continuava a dire a ritmo delle sue spinte

Pietro si sentì aprire. Non solo fisicamente. Ma pure mentalmente. Poteva quasi vederlo. Lo squarcio dei suoi ricordi. E lui risucchiato dentro, in quel flusso che era la sua vita. Si sentiva tornare indietro, spinto dal desiderio che nasceva in lui dalla domanda che per la terza volta faceva a sé stesso. Cosa sarebbe stato se lui si fosse aperto, da giovane? Con Beef… se fossero stati insieme allora? E così…

PIETRO: Aaaaaaahhhhhhh… Beef…?

BEEF: Si?

PIETRO: Ahhh… sbrighiamoci. Altrimenti il professor Erikson verrà a cercarci!

Il professor Erikson era l’insegnante di educazione fisica dei nostri due maschioni, ai tempi del liceo. Era capitato più di una volta infatti che Beef arrivasse in ritardo alla lezione, al 4°anno. Quell’anno le due ore settimanali di educazione fisica erano le prime 2 del martedì. Pietro era così cambiato che per lui anche gli spogliatoi della scuola avevano del tutto cambiato… ‘odore’, per così dire. Il posto che un tempo aveva visto nascere i suoi problemi e disagi, ora lo faceva eccitare tanto da creare quella situazione. Anche per dare piacere al suo amico Beef. Sapendo ormai quanto avesse fantasticato su di lui, specie in quel periodo. E così continuò…

PIETRO: Amico… se continui ad arrivare in ritardo, finirai per cacciarti nei guai. Possiamo venirci di nascosto negli spogliatoi, dopo l’appello. Tanto lo sai che le chiavi le tengo sempre io. Gli esercizi in gruppo con tutta la classe durano solo una ventina di minuti. Poi ognuno fa quello che vuole. Calcio… pallavolo… ah… scopare…

Beef andò dietro al suo amico.

BEEF: E dovrei aspettare tutto quel tempo?E già una fatica svegliarsi con questa mazza e tenerla fin qui a scuola, il martedì. Quella campana non suona mai e pare che il prof si muova a rallentatore quando ci porta giù in palestra. E io penso solo a chiudermi qui dentro con te. Chi cazzo se ne frega delle lezioni! Io ti voglio inondare il culo! Nemmeno se lo volessi potrei concentrarmi su altro! – E Beef spingeva con incisività crescente

PIETRO: Oh, si!!! Sfondami, Beef! Tanto il prof andrà avanti pure senza di noi…

BEEF: Figurati! Quello non perde tempo con ogni studente…

Già. Pietro aveva fatto centro. E d’altronde ormai le carte erano scoperte. Come il nostro gattone aveva sospettato, Beef lo faceva apposta ad arrivare in ritardo. Per restare da solo con lui. E così Pietro gli stava regalando quella fantasia che lui aveva sempre immaginato e che adesso voleva pure lui.

PIETRO: Si… la lezione di educazione fisica ce la facciamo noi… per i cazzi nostri! Ah…

BEEF: Siiiii…

Beef si avvinghiò a Pietro con una chiusura fulminea delle braccia. E aumentò il ritmo. Le sue mani ‘impastavano’ le carni di Pietro ovunque. Il petto, la pancia, le braccia, le gambe… Beef si stava gustando quel momento fino in fondo. L’aveva desiderato così tanto da avere la stessa foga di chi mangia dopo mesi di digiuno.

BEEF: Che bel culo che hai!!! Vale la pena pure beccarsi un 7 in condotta per i ritardi, Piè… t’inculerei così per sempre!!!

PIETRO: E io a te, cazzo… – disse con la voce tremante per i sobbalzi.

E alzando il braccio e allungata un mano, Pietro prese il collo di Beef. E lo tirò a sé. E i sue si baciarono. Era un bacio a 69, visto la posizione in cui erano. Ma fu meraviglioso. Entrambi alternavano colpi di lingua a mordicchiarsi il mento a vicenda. Ispido per le loro barbe. Beef Faceva rimbalzare Pietro sempre più veloce. Poi rallentava un po’. Voleva sentire il cazzone affondare lentamente in quel buco che tanto aveva desiderato di battezzare. Il suono del gel e la sensazione di scivolargli dentro lo eccitava tantissimo. Quella lentezza rimarcava la goduria di infilarsi dentro di lui. Poi riprese a farlo rimbalzare veloce. Per godersi ancora le sue carni che sobbalzavano ancora e ancora. E andò avanti per un bel po’.

BEEF: Abbassati, Piè. Fammi vedere che sai essere un bel montone.

PIETRO: Montone? Vuoi dire ‘pecora’…

BEEF: La pecora la fanno le femminucce. Noi maschi facciamo il montone… eheheheh

PIETRO: Già. – e rise.

Pietro allora si abbassò. Inclinando la schiena in avanti, tornò a carponi sul letto. Accorgendosi di aver messo una mano sulla canotta di Beef, la riprese in mano e l’annusava di nuovo. Voleva sentire il suo odore, come se l’avesse davanti. Sincronizzate al millesimo, le manone di Beef si gettarono sulle natiche di Pietro. Schioccarono fortissime. Due belle pacche secche e decise. Su quel bellissimo culone peloso che faceva venire voglia di cantare! Pietro ansimò. Il suono strozzato dal tessuto della canotta di Beef, richiamò la sua attenzione.

BEEF: Si, bravo. Annusala bene. Che poi ti interrogo… – E rise

Tenendo saldamente le natiche di Pietro, Beef le rimestava, facendole strusciare sul suo sottopancia. Quelle carezze gli arrivavano fino alla punta de cazzo! Muoveva le mani in senso rotatorio. Era come una specie di spagnola da fermo, mentre era nel suo culo. Un vero maschio sa sempre sfoderare una grande fantasia. Gli viene per istinto, farlo.

PIETRO: Ti piace il mio culetto, eh? Però anche il dentro deve essere sistemato come si deve…

BEEF: Certo, Certo. Ora ci penso io!

La prima spinta nella posizione ‘del montone’ fu secca! Beef voleva far reagire Pietro. Tirargli fuori un altro ansimo. E infatti lo fece. Beef iniziò a scavare. A montone, le palle di Beef andando avanti indietro seguendo il suo bacino, schioccavano contro il culo di Pietro. Il suo pancione ondeggiava ad ogni spinta. E protendeva sempre di più in avanti come se si gonfiasse. Le vigorose spinte di Beef facevano ondeggiare anche le carni di Pietro.

PIETRO: Si, Beef… sfondami! Dacci dentro. – e riprendendo la fantasia di prima – spero che le panchine reggano. Anche se vedo che in alcuni punti sono deformate. E all’inizio dell’anno era dritte, amico mio… AH! – Beef gli aveva appena assestato altre due belle pacche sincronizzate sulle natiche

BEEF: La colpa è tua che mi fai diventare una bestia! E ci cominci nei sogni. Il cazzo dritto che ho quando apro gli occhi è speciale! Perché tu… tu sei speciale!!! Sapessi il suono che fa quando mi sbatte sul lavandino, mentre mi lavo la mattina. Ogni giorno temo di crepare le ceramica, cazzo!!! – e mise il turbo. – Io quel buco te lo voglio allagareeeeee!!!!! – I FLAP delle sue palle contro il culo di Pietro erano ravvicinatissimi. E lui aveva il tono furioso che smorzava le parole.

Nel frattempo il nostro gattone usando i buchi delle braccia della canotta di Beef, se l’era infilata al collo. La teneva così, come una specie di bavaglino. Come suo figlio PJ aveva fatto prima nella sua fantasia masturbatoria. Lo fece pure per non doverla tenere in mano tutto il tempo e annusarla quando voleva più comodamente. Anche se in realtà si reggeva quasi sempre con una mano sola. Infatti la sua voce era attutita dal tessuto della canotta.

PIETRO: Ah… ah… ah… ah… si… allargami! Dio mio… Se solo fosse… oh!

Il letto ondeggiava come fosse il mare in tempesta. Cigolii vari facevano da sottofondo a quella scopata. Beef si spiaccicò sul culo di Pietro. E da li, spingeva ancora. Come se volesse entrare ancora di più. Erano spinte secche, lente e puramente fatte col bacino. Perché nel frattempo Beef aveva mollato la presa sui fianchi di Pietro e si stava pizzicando i capezzoli. E a tratti in senso circolare, il cagnolone si strusciava sul suo culone!

BEEF: Girati, amico mio. Ora ti voglio guardare mentre ti apro.

Pietro allora si girò e allargò le gambe. Che magnifica vista! Il suo amico Beef. Grande e grosso.. possente… col fiatone… arrapato alle stelle come si vedeva dal suo sorriso ad arcata dentaria completa. Ma più importante… lucido. Come fosse appena uscito dalla doccia! Ma quella non era acqua. Cioè, lo era. Ma era acqua di maschio. Cavolo! Sarebbe perfetto come nome, se si facesse diventare il sudore un profumo… A quella vista, Pietro avanzò una richiesta al suo amico.

PIETRO: Beef… ti rimetti la canotta?

BEEF: Perché?

PIETRO: Per ricaricarla. Così sarà ancora più profumata. E poi… – e passò un dito sul petto di Beef – sprecare tutta questa rugiada di maschio… – e si lecco il dito bagnato – sarebbe un enorme sacrilegio!

Per Beef era musica sentire il nostro gattone parlare ed elogiare gli odori del maschio. Come lui aveva detto prima, gli piacevano tanto. Lo facevano sentire libero. Davvero sé stesso. Senza filtri né mancanze. E così accettò molto volentieri. E si rimise la canotta. Pietro si mise comodo. Con le mani dietro la nuca e stava col ghigno soddisfatto mentre il suo amico lo accontentava. Poi Beef infilò di nuovo il cazzo nel culo di Pietro. Strinse i suoi polpacci e riprese a spingere.

PIETRO: Si, amico mio. Dacci dentro! Bravo… scommetto che stanotte ti ho fatto bagnare, vero? Chissà quanto te n’è uscito…

BEEF: Nemmeno la metà di quello che ti sparerò nel culo! – e lo baciò.

Nel frattempo il sotto petto e il bordo delle maniche della canotta di Beef erano già bagnati. La sua fronte grondava e Pietro allungo una mano per asciugargliela. Poi se la passò sul viso, bagnandolo. E si leccò la mano. E riprendendo la fantasia di prima…

PIETRO: Saremo gli studenti che hanno sudato di più pur non avendo fatto un cazzo…

BEEF: Infatti ce ne faremo due. Il tuo e il mio. E ce li faremo così tanto… – e aumentò la velocità – che staranno giù fino a stasera! Si… fammi reggere a ganci appendiabiti! Mi piace…

PIETRO: Si, ma attento. L’altra volta ne hai rotti due. Va bene che le cose qui non sono proprio nuove di zecca, ma se si rompono così spesso… qualcuno potrebbe sospettare…

BEEF: Cosa? Che la scuola ha due maschioni come noi? Che potrebbero ripopolare il pianeta, in caso di emergenza? Sarebbe tutto onore per loro.

PIETRO: Minkia, si! Hai ragione…

E nel frattempo le chiazze sul petto e sotto la maniche della canotta di Beef si allargavano. E iniziavano a spuntane di altre.

PIETRO: Si… ti stai bagnando tutto, amico! Cosa dirai al prof Erikson, quando ti vedrà tutto sudato?

BEEF: Gli dirò che ho scopato come un pazzo con te. Glie lo direi dritto in faccia. Ha l’aria di uno che non se lo fa tirare da anni. Forse la moglie è una di quelle stronze che chiudono le gambe dopo il primo anno di matrimonio, che dici?

PIETRO: Già. E dire che è un bel maschione. Come me e te. Ma noi possiamo aiutarlo, vero?

BEEF: Oh, si! Gli facciamo tornare il buon umore e la gioia di essere uomo. E magari ci darà un voto più alto… eheheheh

PIETRO: Già! Diventeremmo i suoi allievi preferiti…

I nostri due super maschioni ormai andavano a briglia sciolta. E continuavano la fantasia a botta e risposta come avessero una mente sola. La canotta di Beef si impregnava sempre più di sudore. Ora pure tutta la pancia era bagnata. Le parti asciutte erano ridotte a una serie di linee che parevano formare una mappa. Come una cartina stradale. Il nostro gattone non poté più resistere!

PIETRO: Amico… la tua canotta si è ricaricata. Puoi ridarmela, adesso…

Beef allora se la tolse e mentre glie la porgeva…

PIETRO: Aspetta. Passatela sulle ascelle. Li c’è la parte migliore…

BEEF: Maialone! – disse ridendo

E così fece. Si passò la canotta per bene sotto le ascelle. Premendo con forza al passaggio, per essere sicuro che il tessuto assorbisse tutto il suo sudore. Fece per porgerla a Pietro ma poi tirò la mano indietro.

BEEF: Ora ‘aspetta’ lo dico io. – e si passò la canotta ovunque. Sul collo, sul mento, sul petto sulla pancia e in tutto il viso. Era completamente asciutto.

Allora Beef alzò il braccio facendo pendere la canotta sopra il viso di Pietro. Ogni tanto cadevano delle gocce sul suo naso. Era proprio bagnata. Poteva essere stesa ad asciugare, tanto grondava.

BEEF: La vuoi?

PIETRO: Si si… ahhhhh…. – Pietro stava con la bocca aperta e la lingua che sbucava da un lato. Grondante come quella canotta.

E allora Beef la lasciò e la canotta ricadde con un tonfo sul faccione de nostro gattone. Fece un suono abbastanza sordo. Perché era davvero fradicia. E si sa. Quando un vestito è bagnato, diventa molto più pesante. A Pietro parve che gli avessero dato un schiaffo sostenuto. Ma era uno di quelli che fanno piacere. Come quelli sul sedere. Gli occhi del nostro gattone divennero di nuovi stralunati, come all’inizio. Quell’odore… il sudore è proprio come il vino. Più invecchia e più migliora. Sia rispetto all’età di chi lo produce. Che da quanto è stato prodotto. Ma pure quello fresco da enormi emozioni. E in quel momento Pietro era nell’estasi più totale. Si sentiva come in un mare senza fondale in cui continuava ad affondare… ad affondare… sempre più, ad ogni minuto che passava. Ormai mugugnava soltanto. Senza muovere un muscolo o proferire una sillaba.

BEEF: Si… è tutto per te. Io sono tutto per te. Respira, amico mio. Al resto ci penso io…

E il nostro cagnolone riprese a spingere. Era un vero trapano. Era veloce ma non troppo. Ma pareva instancabile. Beef si odorò un’ascella.

BEEF: Oh!Mi sa che i nostri compagni di classe oggi se ne staranno alla larga, per come puzziamo…

PIETRO: Omfffmmmmmfffaaaoooiiaaapppffffttt…

Beef spostò la sua canotta dal viso di Pietro perché si capisse cosa diceva.

PIETRO: O forse alcuni si uniranno a noi, la prossima volta…

BEEF: Si… e col prof faremo una bella orgia di classe! Tutti insieme appassionatamente… svuotati!

PIETRO: Siiiii…. non ti fermare…

Il letto prese a cigolare di nuovo. Beef aveva messo il turbo. E di nuovo le sue carni e quelle di Pietro sobbalzano insieme. In armonia. I pettorali gonfi di Pietro ondeggiavano in su e in giù e spinsero Beef a prenderli. Stringerli nelle sue mani. Concentrandosi sui capezzoli!

BEEF: Che maschio che sei, Piè!

PIETRO: Anche tu. – E di colpo chiuse gli occhi per riflesso. Qualcosa gli era arrivata in faccia di colpo.

Pietro si sentiva fresco. E guardando meglio, vide che Beef era di nuovo lucido. Dalla testa ai piedi. Le sue ghiandole sudoripare erano davvero fuori dal comune! Altro che scaricatore di porto! Beef era ben oltre. Ed era così bagnato che ad ogni spinta il suo sudore schizzava su Pietro. Che goduria! Era come starsene seduti a riva, con le onde che si infrangono a pochi centimetri da te. Ma al relax in questo caso, si aggiungeva l’eccitazione.

PIETRO: Amico… se ci fossero in questa scuola, con te sarebbero inutili le docce. Basti tu!

BEEF: Si… sopratutto quella gialla che ti faccio a casa mia, quando i miei non ci sono. Ti ricordi?

PIETRO: Si. L’altra volta, non finiva più. Che avevi bevuto?

BEEF: Avevo iniziato a bere la birra di mio padre. Ora capisco perché lui ci sta il doppio a pisciare…

Beef e Pietro erano così liberi da fare anche degli ‘spin-off’ di quella fantasia scolastica.

BEEF: Oh, si! Cazzo! Oh… si lo sento arrivare. Oh…

Ma a questo punto, Beef rallentò.

BEEF: Diamoci il cambio, amico. Voglio sentire pure te, prima di sborrare. E prima di andar a fare quegli stupidi esercizi del cazzo col prof Erikson…

PIETRO: Certo ma… io mi sono segato, prima. Non so per quando potrò andare avanti…

BEEF: Tranquillo, amico. L’hai tenuto a riposo per un po’. Si è rasserenato…

Allora Beef estrasse il suo cazzo dal culo di Pietro. E si tolse il preservativo. Ormai non ne aveva più bisogno. Pietro si rimise la canotta del suo amico al collo, come prima e si alzò. Si mise poggiato sullo schienale del letto. Allungando il braccio, prese dal cassetto del comodino uno dei suoi profilattici.

PIETRO: E un po’ moscio… – disse guardandoselo

BEEF: Faccio io – e imitando quello che il nostro gattone aveva fatto prima, si mise a grattargli le palle. Il cazzo di Pietro s’indurì in un battibaleno – Si fa così, vero? – disse ridendo. E poi a strofinare delicatamente il suo frenulo

PIETRO: No no… ti prego! Non voglio sprecare un secondo, fuori dal tuo culo – E allora scartò il profilattico

BEEF: Aspetta. Posso avere il piacere di mettertelo io? Anche io voglio ‘servirti’ come si deve…

Pietro annui. Seduto sul letto li dov’era, vide Beef scartare il suo profilattico. Glie lo poggiò sulla punta della cappella e lo fece scorrere giù. Con una presa stretta per fare in modo che non passasse aria e farlo aderire correttamente. Sentirsi stringere nel pugno di Beef… e sentire quel pugno scorrere come fosse una sega… Era così eccitante per Pietro! Ma lo gestì meglio del previsto. Lui era convinto di essere li per li per sborrare ma a quanto pareva Beef aveva ragione. Il lasciarlo riposare aveva fatto calare la sua tensione. Beef aveva di certo smanettato di più il suo cazzo rispetto a Pietro. L’autoerotismo è un elemento molto più forte e comune nella maggior parte dei gay rispetto agli etero. Perché è collegato direttamente all’erotismo verso gli altri. Dopotutto, sempre di cazzo si tratta.

BEEF: Come vuoi che mi metta?

PIETRO: Stenditi e alza le gambe.

BEEF: Oh… pure tu mi vuoi guardare in faccia, mentre mi scopi. Si. Siamo della stessa pasta, io e te…

PIETRO: Si, Beef… e riprendendo la fantasia – Diamoci una mossa. O ci daranno per dispersi, in palestra…

BEEF: Si ma… – e si stese, supino. Alzate le gambe, fece passare le mani sotto le cosce. E si afferrò le natiche. Distanziandole, espose il suo buco del culo – Facciamola con calma questa… ‘mossa’, Piè!

PIETRO: Non devo prima allargarti con le dita?

BEEF: Non serve. Entra, dai…

Pietro allora si spalmo un po’ di lubrificante sul cazzo foderato. E puntata la cappella sul culo di Beef… sentiva un po’ di resistenza ma gli pareva che il buco si allargasse di sua volontà perché potesse entrare. In un attimo era già tutto dentro. Essendo meno stretto di quello che pensava, Pietro si tranquillizzò di nuovo. Non sarebbe venuto subito.

BEEF: Io il culo l’ho dato un sacco di volte, amico mio. – e gli appoggiò le caviglie sulle spalle. E contraendo le natiche per tirare un pelo su il sedere, faceva un leggero movimento di scopata – Dai, Piè. Non abbiamo molto tempo! Pensa che succede se viene uno dei nostri compagni a cercarci e ci trova qui dentro…

Pietro allora strinse forte le caviglie di Beef.

PIETRO: Per come sono ora, non me ne fotte una beata minkia! – E annusando di nuovo la canotta di Beef – Magari si uniscono a noi davvero…

BEEF: Si,Maiale! Spingi!!!

E Pietro iniziò a scavare. Andava a velocità normale. Essendo Beef già bello largo, non c’era bisogno di iniziare lentamente come il cagnolone aveva fatto con lui, prima. Beef era su un altro pianeta. Le sua espressione beata… eccitata… serena… e sopratutto i suoi sorrisi e occhiolini che ogni tanto gli faceva per incitarlo… glie lo si leggeva negli occhi che stava vivendo il suo sogno più bello. E Pietro con lui. Perché quella fantasia che aveva creato per fargli un regalo, era diventata qualcosa di più. Man mano che continuava ad alimentarla… o lo sentiva fare a Beef, se ne sentiva risucchiato sempre più. Pietro aveva provato fin dall’inizio una sensazione anche più forte di Beef, di tornare davvero a quei tempi. A quando era ragazzo. Perché Pietro allora avrebbe voluto essere come era adesso. E come era suo figlio. E con un senso di rivalsa nei confronti della vita, si era tuffato dentro a quella fantasia nata dall’excursus dei suoi ricordi. Così da poter vivere un squarcio anche se solo nella sua mente, di un passato alternativo. Dove lui… un Pietro senza tabù o impedimenti, si ritrovava col suo migliore amico e amante Beef. Una relazione clandestina al tempo, magari. Ma intensa e sincera. Magari nata con la migliore base esistente. E anche la più logica e naturale. Come le radici per un albero. La perdita della verginità.

PIETRO: Cazzo, si! Come si scivola bene, nel tuo culo. Pare tu abbia una lingua che sbava, li dentro… – e mentre lo diceva continuava ad annusare la canotta di Beef

BEEF: Hai voglia! Lo sai che di notte mi sveglio con le mutande bagnate pure dietro? Tu mi asciughi nei sogni. Tutto quanto! Quando rimette a posto il mio letto, mia madre mi chiede sempre se io mi sia pisciato addosso nel sonno…

PIETRO: La prossima settimana porta una di quelle mutande a scuola. Me la voglio annusare mentre ti scopo!

BEEF: Lo farò. Sta sicuro! Pietro… hai una fantasia meravigliosa! Vieni qui. Baciami… – E afferrando la sua canotta che pendeva dal collo di Pietro lo tirò a sé

Pietro baciava e scopava Beef. Senza fermarsi. Il nostro gattone usava pure la forza delle sue ginocchia per spingere e arrivare in profondità. Ogni spinta valeva per 10 e faceva sollevare Beef con la schiena. Gli sembrava di cavalcare le onde del mare. Sentiva sia la forza bruta che un immenso calore, ad ogni colpo. Nel frattempo le loro lingue non si erano separate nemmeno un attimo. Ed erano accompagnate da tante parole soffuse e calde. Da una bocca all’altra entravano dirette come se i due si scambiassero a vicenda ossigeno. Pietro si ritirò su e prese e leccare uno dei piedi di Beef. Gli venne in mente che quelli ancora non li aveva assaggiati. E perciò a tratti strofinava la canotta di Beef sui suoi piedi e l’annusava. C’erano una valanga di odori in quei pochi centimetri di tessuto, in quel momento!

BEEF: Si… ciuccialo tutto, Piè. Sopratutto il ditone… Ahahahah… – sentirsi leccare il piede, faceva venire a tratti il solletico a Beef

Quella meravigliosa fragranza aggiunta alle altre, scatenò di nuovo Pietro che mise il turbo. Di colpo si sentiva così duro da percepire la costrizione del condom. Cosa che mai gli era accaduta. Non può essermi cresciuto ancora, pensò. Da una certa età, resta sempre uguale. Ma in quel momento, Pietro era troppo preso per pensarci e l’ignorò. Prese anche l’altro piede di Beef e insieme al primo li teneva accanto alla sua faccia. Li alternava, annusandoli e leccandoli mentre continuava a spingere sempre più veloce e con foga. Al nostro gattone parve di non sentire più la costrizione del condom. Forse era il culo di Beef, pensò. Meglio così. Mentre i suoi naso e lingua erano nella tempesta dei sensi, gli occhi del nostro gattone si gustavano le carni sobbalzanti del suo amico. Ogni tanto, lo tastava un po’. Anche perché lo vedeva lucido di sudore. E non resisteva ad assaggiarlo di nuovo. Pietro fece una carezza lunga. Da sotto la gola fino al pancione di Beef. E poi si leccò la mano. Grondava! Il sudore di Beef sembrava davvero illimitato! E a ogni assaggio, era sempre più saporito! Pietro si sentiva un animale! E spinse con tutta la sua forza. Andava velocissimo e fino in fondo. Qualche secondo e iniziò a sentire avvicinarsi lo scoppio finale.

PIETRO: Minkia… mi stànn’acchianànnu tutt’ cùasi, Beef.

(Cazzo… sento che mi sta per uscire tutto, Beef!)

Negli anni passati insieme a Pietro, oltre ai modi di dire, Beef come PJ aveva imparato pure qualche parolina di dialetto della Paperopoli del sud. Luogo natale di Pietro. E fu musica per le sue orecchie!

BEEF: Allora esci, amico mio. Voglio farti venire… come dico io… – e a sua volta il cagnolone accarezzò il petto gonfio e il pancione di Pietro con fare sensuale – voglio bere il tuo latte! Voglio sentirlo dentro di me, quando mi addormenterò stanotte nel mio letto!

Pietro accettò. E così si sfilò dal culo di Beef e facendo per togliersi il condom…

PIETRO: Cazzo! Pure questo?

BEEF: Che c’è, Piè?

PIETRO: Il profilattico!

Beef allora sollevò la testa per vedere.

BEEF: Sei così maschio che l’hai rotto! Solo tu ci potevi riuscire, amico mio! Nemmeno a me è mai capitato… – e rise

PIETRO: Sarà… ma devo stare attento. Poco fa quando mi stavo segando, si sono rotte le mutande. Mi ha fatto diventare un animale, porca troia!

BEEF: Decisamente non è uno qualunque, questo tizio che ti ha… fatto rinascere, proprio! Dai vieni… ho fame!

l nostro gattone si stese a letto. Beef prese il suo cazzo in bocca. E iniziò a succhiarlo lentamente. Sentendo che era davvero vicinissimo, gli venne l’idea. Fece così. Teneva la testa del cazzo di Pietro in bocca e con due dita massaggiava dolcemente il tronco del suo cazzo con un movimento orizzontale; dai lati verso il canale centrale. E nella bocca di Beef, la sua lingua gli leccava il frenulo. Il cagnolone si era appoggiato sulla pancia del suo amico per avere più agio. Da quella posizione la lingua leccava con la parte laterale. Beef la muoveva come una bandiera mossa dal vento. Ma in avanti. Dopo qualche secondo sulle sue dita tozze, Beef sentiva sempre più marcato la ‘scalino smussato’ tra la parte laterale del collo del cazzo e il canale centrale. Questo perché il cazzo Pietro diventava sempre più gonfio e rigido. Lui sapeva che la sborrata era ormai imminente. E così Beef smise di massaggiare e poggiò il palmo della mano sul cazzo di Pietro. E ci diede dentro con la lingua. Sfregandola velocissima sul frenulo di Pietro.

PIETRO: Oddio… mi sento aprire in due… scoppio, Beef… scoppio… SCOPPIOOOOOOOOOAAAAAAAAHHHHHHHHHHH!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Pietro tremò come percorso dalla corrente! Litri e litri di sperma inondarono il palato di Beef che era estasiato nel sentire tutta quella vita scorrere e scorrere. Senza mai fermarsi. Finalmente il suo sogno era diventato realtà. Ne aveva fatto scoppiare di cazzi nella sua vita. E col suo compagno, ne aveva ingoiato seme. Ma quello… quel particolare latte maschile… l’averlo desiderato per così tanto tempo, glie lo faceva percepire quasi come la fonte di tutti i semi maschili le mondo. Come gusto e potenza. Beef lo sentiva pure sulla mano, la potenza di quell’orgasmo. Le contrazioni del cazzo di Pietro erano così scalpitanti! BOOM… BOOM… BOOM… Erano secche e velocissime! Ma in quell’estati, Beef le sentiva come al rallentatore. Così tanto che gli pareva di percepire la direzionalità di quelle contrazioni. Che puntavano verso l’uscita che ogni spermatozoo agogna di raggiungere, quando si aprono le porte del vita!

Quando Beef sentì le contrazioni scemare, riprese il massaggio di prima. Perché l’orgasmo lo sappiamo, si accompagna fino alla fine. I muscoli del cazzo non si sfogano completamente solo coi loro movimenti naturali. Noi stessi lo sentiamo quando ci masturbiamo o scopiamo. La voglia di continuare per dilazionare il piacere dell’orgasmo. Di cavalcarlo finché ci smuove. Continuare a segarci o a spingere anche se abbiamo già sparato tutto il seme. Fino a sentire quel piacere raggiungere l’apice. E allora si che ci sentiamo soddisfatti del tutto. Per alcuni è pure raggiungere il punto di tregua. In cui il cazzo diventa così sensibile da non poter essere più massaggiato per un po’.

PIETRO: Mariiiiiiaaaaaaa…. chi bùatta!!!

(Cazzooooo…… che botta!!!)

Beef si tirò su. Guardò Pietro e gli indicò la sua gola. Il gattone vide il pomo d’adamo di Beef sporgere lievemente e rientrare. Il cagnolone aveva appena ingoiato lo sperma di Pietro e voleva che lui lo vedesse.

PIETRO: Uuuhhh… adesso ti ritroverò dappertutto? – disse ironicamente col fiato spezzato, riprendendo le parole di prima dell’amico

BEEF: Certamente – e a carponi sul letto, avanzava verso Pietro. Quando arrivò da lui – Basta che annusi – e lo baciò. Lungamente e dolcemente. Uno accanto all’altro.

PIETRO: Beef… come vorrei che fosse accaduto davvero! Quella cosa che mi è uscita prima. Della palestra, a scuola… sarebbe stato fantastico, cazzo!

BEEF: Ma è successa, amico mio. Proprio adesso. Eravamo qui e l’abbiamo vissuta. Tutti e due. Ed è questo che conta.

PIETRO: Si… è vero! – e lo baciò di nuovo dolcemente – Sai… Prima di ieri… l’avevo dimenticato. Cosa si prova quando qualcuno ti stringe… ti vuole… ti ama. Oh, non mi fraintendere. Lo so che tu sei impegnato. Volevo solo dirti… ‘Grazie’. Per aver accettato… di restare. – e gli strinse una coscia

BEEF: Mmm… Sono io che devo ringraziare te, Pietro! Il mio migliore amico. Il mio primo amore. Quello che mi ha fatto scoprire le gioie di avere un cazzo tra le gambe. Mi hai fatto un regalo bellissimo. Hai realizzato un sogno che ancora avevo oggi! Pure per questo, una parte di me sarà tua per sempre! E ti auguro con tutto il cuore di trovare qualcuno che ti ami molto più di me. Te lo meriti. Qualcuno più bravo di me a sfondare culi… e che desideri sempre essere riempito da te, molto più di quanto potrei mai fare io.

PIETRO: Grazie. Adesso però… tocca a te. Tu ancora non hai stappato. Dimmi come mi vuoi riempire, amico mio…

BEEF: Mmm… che decisione importante – e si guardò intorno. Poi con lo sguardo furbo, sfoderò per l’ultima volta la loro fantasia erotica – Ricordi la prima volta che abbiamo scopato negli spogliatoi? Non ci siamo neanche spogliati. Ci siamo solo abbassati i pantaloni a vicenda, tanto eravamo arrapati. Tu avevi ancora le scarpe. Quella cattedra abbandonata li dentro, sembrava li proprio per noi. Quel comò a me ricorda tanto quella cattedra. E a te?

Pietro colse il messaggio. Si tolse dal collo la canotta di Beef e glie la restituì. Il cagnolone la indossò insieme ai suoi boxer, lasciando il cazzo fuori. E anche il nostro gattone si rimise le sue mutande a pois verdi. E da sotto il letto, prese un paio di scarpe e se le mise. Dopo sgombrò con cura il comò e si sedette sopra. Beef si avvicinò a lui e sollevando le gambe di Pietro, fece scorrere le mutande di Pietro su una gamba, sfilandola da li. Le mutande dunque rimasero infilate nell’altra gamba.

BEEF: Così puoi tenere aperte le gambe… E puntando il suo cazzo duro sul buco di lui – e io ti posso ‘scricchiare’ come si deve

Il nostro cagnolone aveva usato una parola del dialetto della Paperopoli del sud. Significa ‘rompere’. Più ‘disintegrare’ letteralmente. Ma come gran parte delle parole di questo dialetto, ha tanti altri significati. A seconda della situazione in cui viene usata. In questo caso si può tradurre con due termini. ‘sfondare’ e ‘dilatare’. Beef entrò di nuovo dentro Pietro. Fu più facile rispetto alla prima volta. Il culo di Pietro era ancora largo. Glie lo ficcò dentro deciso ma non troppo veloce. Entrò abbastanza agevolmente. Pietro strinse i denti per un istante. Poi si lasciò andare ad un ansimo lungo…

BEEF: Eh… ormai lo sappiamo come prenderlo, eh Piè?

PIETRO: Ohhh… si…

Le palle di Beef ripresero a ‘suonare’ il culo di Pietro. E che musica era! E lo scricchiolio del comò e la schiena di Pietro che sbatteva contro il muro, erano un meraviglioso accompagnamento!

BEEF: Oggi ti farò fare gli esercizi del prof Erikson con una zavorra, amico mio. Come faceva quella ragazza dei cartoni animati che metteva la polsiera coi piombini dentro. Ti lascerò 100 chili dentro! 100 chili, si…

E andava sempre più veloce. Nel crescendo di potenza, la schiena di Pietro, urtava il muro con più forza. E il suono prodotto era sempre meno velato e più profondo.

PIETRO: Amico mio… si… facciamo il fosso nel muro!

BEEF: Io faccio dentro di te, il fosso. E lo riempio tutto!!! Si… Piè! – e con due colpi sordi, sbatté le mani sul comò per avere più presa su di esso. Sarebbe stata l’ultima cavalcata. Fissò per un po’ Pietro e poi gli disse – Sei pronto?

PIETRO: Si, vai… lasciami il segno!

Il comò veniva sbatacchiato così tanto che c’era rischio si rompesse. Ma a nessuno dei due importava. E il suono della schiena di Pietro che urtava il muro era ancora più incisivo, adesso.

BEEF: Si… Te lo lascio il segno… lo stesso che tu mi hai lasciato dentro per anni! Si… si…

Pietro si sentiva il culo in fiamme ma non faceva male… anzi… era tanto piacevole. E quella sensazione la sentiva irradiarsi in tutta la pancia. Come quando Beef gli entrò dentro la prima volta, poco prima. La forza di Beef sembrava davvero non avere limiti! Adesso alcuni cassetti del comò ad ogni sua spinta, spuntavano di un millimetro in più fuori. E Beef per lo sforzo e la goduria, aveva serrato i denti. Protendendoli in fuori. Il tipico ringhio da cane, insomma. Pietro glie l’aveva visto fare tante volte molti anni prima. Per difendere entrambi da bulli. Ma ogni cosa può essere vista in più prospettive. E quella in cui era Pietro adesso, gli piace tantissimo!

PIETRO: Si. Sei una bestia! Sfogati, amico mio. Fai esplodere la tua ‘ràggia’… cioè, la tua fame di sesso!

BEEF: GRRRRRR….. si….. GRRRRR…. si… si…

Alcuni cassetti erano caduti a terra e qualche istante dopo Beef sgranava gli occhi.

BEEF: Oh… si… lo sento… arriva… arriva… Pietro… PIE’!!! AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

PIETRO: AHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH……….. siiiiiiiiiiiiii………… fecondami……

Beef emise un urlo che rimbombò per tutta la stanza. Quasi pareva fosse senza mobilia. Come quando ci si trasferisce in una casa nuova. Dando libero sfogo al suo orgasmo, Beef lasciava che i suoi spasmi guidassero quelle spinte di ‘scarico testosterone’. Che arrivavano sempre più profondità man mano che la sborrata raggiungeva la massima potenza. Pietro poteva sentire il cazzo di Beef pulsare forte nel suo culo. E come scalciava! Il nostro gattone conosceva come ogni maschio le contrazioni dell’orgasmo. Le aveva sentite nel suo pugno tantissimo volte, quando si masturbava. Ma sentirle nel culo… fu come se ne avesse percepito la vera potenza. Sentire e sapere che Beef lo stava inseminando con tutta la naturale possanza di un maschio vero, gli diede una gioia che… se ne rese conto più in la, ma quello fu l’ultimo attacco che distrusse definitivamente i suoi timori e preconcetti. I suoi paletti mentali erano caduti grazie al ‘paletto’ di Beef. Potremmo dire “Chiodo scaccia chiodo”. Pietro alzò gli occhi al cielo per l’immensa emozione, sollievo, eccitazione… era una libertà tutta nuova e lui si lasciava affondare in essa, nel più totale abbandono.

Beef aveva sfogato tutto quello che aveva dentro e le sue spinte scemavano in potenza e frequenza. Finché si fermò. E dopo una, due e tre spasmi finali, si accasciò su Pietro, poggiando la testa sulla sua spalla. Aveva ancora il fiatone.

BEEF: Fantastico…

Pietro gli strusciava la guancia sulla fronte, per coccolarlo un po’ con un sorriso stralunato in faccia e gli occhi semichiusi. Poi Beef alzò la testa e lo baciò. Si rialzò e uscì da Pietro. Una buona parte dello sperma di Beef fuoriuscì come un fiume in piena, bagnando il comò. Mentre dal cazzo di Beef usciva l’ultimo rivolo di sperma. Il più denso. Colava dalla sua uretra lentamente. Dava l’idea di sfidare per sempre la forza di gravità.

BEEF: Tieni, Piè. E la parte migliore. Come lo zucchero al fondo della tazzina di caffè. – e glie lo porse.

Pietro che aveva la bocca già semi aperta per l’estasi. L’aprì totalmente per accogliere il cazzo di Beef per l’ultima volta. Lo succhiò per un po’, prendendo il suo seme. Assaporato anche questo momento, Pietro fece per alzarsi dal comò ma Beef lo fermò. Gli mise una mano sul petto.

BEEF: Aspetta. Non muoverti. Non è finita…

E si abbassò verso il comò, tra le gambe di Pietro. Leccò e risucchiò il suo seme che era fuoriuscito dal culo di Pietro e portandolo in bocca baciava Pietro, passandoglielo.

PIETRO: Grazie, Beef. Mi vuoi proprio dare tutto…

BEEF: Tutto… – disse dopo averlo baciato di nuovo, passandogli un altro po’ del suo seme – è il minimo per te, amico mio.

Andarono avanti per un paio di minuti. Ne era uscito un bel po’ di seme dal culone del nostro Pietro. Ma Beef ci andava anche con comodo. Dopotutto momenti intensi come questi vanno vissuti con calma.

Una volta finito, Beef si ricompose, rientrando il cazzo nelle mutande. Pietro si alzò dal comò, si rimise le mutande e tolse le scarpe. I due poi insieme rassettarono il comò. Dopo andarono in bagno per un bel bidet rinfrescante. Ovviamente si lavarono a vicenda. Come Pietro fece con suo figlio PJ qualche ora prima. Asciutti, freschi e puliti, Beef e Pietro tornarono in salotto. E li crollarono sul divano. Erano entrambi con la schiena distesa e la testa reclinata all’indietro..

PIETRO: Che serata, amico!

BEEF: Puoi dirlo forte! – e si mise le mani sul pancione come per appoggiarle sopra di esso. Come fanno la maggior parte di maschi col pancione. – Che bella sorpresa che mi hai fatto!

PIETRO: Ti andrebbe un caffè?

BEEF: Perché no? Così ci riprendiamo un po’. Mi hai prosciugato, poco fa. Maschione! – e gli tastava la coscia – E anche tu ci hai dato dentro. Era una vita che non sentivo tanto sperma in bocca…

PIETRO: Ahahahah già…

E Pietro si alzò e andò in cucina. Dopo un paio di minuti, portò prima la caffettiera fumante. Poi la ciotola dello zucchero col cucchiaio dentro. E infine due tazzine. Le poggiò sul tavolo del salotto. Beef lo raggiunse e i due si sedettero. Mentre prendevano il caffè, Beef partì all’attacco. Perché nonostante lo tsunami sessuale appena passato, non aveva dimenticato quel misterioso tizio che aveva sbloccato il suo amico. E grazie al quale quella stessa tempesta di ormoni era stata possibile.

BEEF: Allora… abbiamo finito. Ora sputa il rospo! Voglio sapere chi ti ha sbloccato e fatto svegliare così. Fuori il nome!

Ci siamo, pensò Pietro. Era il momento della verità. Era inutile girarci intorno. E così glie lo disse. Ma volle tenerlo sulla corda ancora qualche altro secondo. E così…

PIETRO: Bene. Ricapitoliamo. Tu lo conosci perché un giorno gli hai fatto un enorme favore. Anzi, 2 in realtà ora che ci penso. Abita qui ma ci vediamo il weekend perché attualmente negli altri giorni della settimana è impegnato in un progetto che sta per finire. E quando eravamo giovani lui non era di queste parti. Sicuro che non ci arrivi da solo?

BEEF: Mmm… Lo conosco. Nella settimana non c’è… vive qui e… aspetta… quando eravamo ragazzi non era di queste parti, hai detto? Dove abitava?

PIETRO: Da nessuna parte, amico. Per ‘Non era di queste parti’ intendevo che non era ancora nato, allora.

BEEF: È più giovane di noi? E quali sarebbero allora questi due favori che gli ho fatto?

PIETRO: Battesimo e cresima. Sei stato il suo padrino.

BEEF: Ho capito! – e diede un colpetto al tavolo – E il figlio di uno dei nostri amici! Il progetto di cui parli è il college, non è così? Come mia figlia. Di sicuro non è il figlio di Pippo, Max. Ti conosco bene. Non sei il tipo che sfascia relazioni. Nemmeno la tua o non saresti arrivato ancora oggi sposato con Peg. Sopratutto considerando pure che è solo sulla carta…

PIETRO: Più che nostro, è solo tuo di amico.

BEEF: Come si chiama?

PIETRO: Ha lo stesso nome di suo padre.

E allora gli occhi di Beef si spalancarono. Perché Pietro sapeva che Beef a sua volta sapeva che nella loro comitiva giovanile solo una persona aveva dato a suo figlio il suo stesso nome. Ed era proprio li, in quella stanza.

BEEF: Non ci posso credere! Tu… hai scopato… con tuo figlio! – e calò il silenzio. Beef fissò Pietro per un po’. Tanto da fargli temere che la sua reazione potesse non essere positiva. Poi riprese – Come uno di quei porno su internet… – e il nostro gattone fu sollevato!

PIETRO: Beh… non proprio. Abbiamo solo… – E Beef lo interruppe, afferrando la sedia su cui era seduto. Trascinandola verso la sua, per avvicinarlo a lui.

BEEF: Raccontami tutto! E guai a te se tralasci un solo dettaglio, intesi? – e gli pizzicò la guancia in maniera sostenuta.

PIETRO: Ok, ok… – fece ridendo – ti racconto tutto. Allora…

Nel frattempo un altro Gambadilegno raccontava la stessa storia in uno degli alloggi del college di Condor city.

[CONTINUA]


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