Le avventure di PJ: Giochetti e confidenze – Parte 3

Un rumore fastidioso e assordante fece svegliare PJ. Erano le dieci del mattino e il cantiere poco distante da  casa sua, aveva iniziato già da un pezzo la sua fatica quotidiana. Era domenica ma il comune aveva deciso di non interrompere i lavori nel fine settimana, a causa della gravità di un incidente accaduto qualche giorno prima. Una delle arterie principali della città aveva ceduto lasciando un profondo e largo solco da marciapiede a marciapiede impedendo così totalmente il traffico. Sebbene l’estate fosse di fatto climaticamente arrivata, la stagione marittima non era ancora iniziata e le strade erano ancora molto trafficate. La chiusura di quella strada principale aveva già creato difficoltà, riversando i veicoli nelle altre strade, creando ingorghi un po’ ovunque e così il comune decise di risolvere il problema il prima possibile, sfruttando anche le domeniche. Intontito ancora dal sonno, PJ si sentiva confuso. Non sapeva dove si trovava. Quello non era il suo letto. Poi un istante dopo tutto gli tornò in mente e allora sorrise compiaciuto. Si girò e vide suo padre che ancora dormiva accanto a lui. Era accaduto davvero. PJ e suo padre erano stati insieme. Avevano abbattuto qualsiasi muro tra loro e adesso sarebbero stati legati per sempre. Certo, anche prima lo erano. Ma adesso molto di più. Guardando bene suo padre, PJ notò da sotto il lenzuolo che lui indossava una maglietta intima bianca. Deve essersela messa stanotte mentre dormivo – pensò. Nonostante facesse caldo infatti, di  notte c’era un bel fresco frizzante. Il padre di PJ aveva il sonno davvero pesante per riuscire a dormire con quel fracasso. Russava come un mantice. Da maschio, come avrebbe detto PJ. Pietro dormiva in posizione supina e il ragazzo poteva vedere la sua panciona rotonda, coperta dal lenzuolo, gonfiarsi e sgonfiarsi al ritmo del suo respiro. Incantato da quella vista, PJ ci mise la mano sopra.

– Che bello… papino mio… – pensava di PJ tra sé mentre sentiva la pancia del padre muoversi sotto il suo palmo. Su e poi giù.

PJ si avvicinò e diede un bacio sulla guancia a suo padre. Il viso di Pietro fece una smorfia di sorriso che svanì un secondo dopo. A dispetto del sonno profondo in cui era, sembrava che l’avesse sentito. Il ragazzo appoggiò la testa sul cuscino proprio li, ad un millimetro dalla faccia del padre. E in quella posizione i suoi  occhi stavano quasi per chiudersi di nuovo ma… Quando PJ si era avvicinato al padre, la sua mano doveva essersi spostata in un punto un po’ più basso sulla panciona di Pietro e a quell’altezza lui sentì che il lenzuolo in quel punto cominciava a sollevarsi. PJ ebbe un piacevolissimo presentimento e quando controllò, si rallegrò. Il lenzuolo faceva una bella montagnola alta. Che tentazione! L’occasione che fa il figliolo affamato di latte paterno. PJ si mise seduto sul letto e afferrato il lenzuolo lo fece scivolare delicatamente via. Come la più sottile delle carezze quel velo di cotone fece sussultare Pietro. Una contrazione fece sollevare un po’ la sua salsicciona che poi ricadde subito dopo sul suo sottopancia. Pietro fece un’altra una smorfia ma continuò ancora a dormire. PJ delicato come un piuma, fece scorrere la maglietta di suo padre scoprendogli la pancia e anche il petto. Poi prese le sue gambe solide e robuste che baciò con trasporto e riverenza e le distanziò di lato come ad aprire un compasso. Quando ci fu abbastanza spazio tra esse PJ si mise al centro. Che spettacolo!

Il pisellone di Pietro, con cappuccio aperto a sufficienza da esporre interamente il buco dell’uretra, puntava dritto a lui. Ogni tanto sobbalzava o si contraeva. Ad ogni contrazione, PJ lo vedeva gonfiarsi interamente di colpo, facendo risaltare di più le venuzze ai lati e spingendo il cappuccio ad arretrare di un millimetro. Abbassandosi lentamente PJ si avvicinò a quel magnifico muscolo forte e duro come pietra. Col naso sul suo cespuglio pubico, PJ tirò un lungo e profondo respiro col naso. E poi preda di quel meraviglioso e intenso profumo maschile, liberò l’aria nei suoi polmoni espirandola li stesso, sulla base del pisello. I peli pubici di Pietro si mossero come l’erba al vento. PJ vide lo scroto del padre ritirarsi un po’, cingendo le palle e portandole più vicine al corpo. Nel frattempo il pisellone di Pietro aveva avuto un’altra contrazione che fece risaltare la colonna centrale, ossia la muscolatura del canale dell’uretra che durante un orgasmo viene percorsa da spasmi per consentire allo sperma di uscire.

Quel salsiccione restò contratto così un paio di secondi. PJ restò ammaliato dal padre e fu soddisfatto di sé stesso. Con una leccata verticale dalla base fino alla punta, PJ scalò la torre di vita di suo padre e quando fu in cima la ingoiò. Vedere gli spasmi del pisellone di Pietro era sublime ma sentirli in bocca era quasi ultraterreno, sebbene fosse uno dei fenomeni più naturali che esistano. Quegli spasmi erano colpi secchi sul palato del ragazzo, che rendeva più incisiva la succhiata prendendo ogni contrazione del pisellone del padre, una reazione di incitamento a volerne di più. PJ avrebbe voluto tanto che suo padre si svegliasse. Voleva che lui lo vedesse… lo sentisse… ma Pietro aveva il sonno davvero pesante e il ragazzo non riusciva a staccarsi da lui per svegliarlo. Continuò quindi a succhiarlo con un ritmo un po’ più serrato, sperando che lui aprisse gli occhi. A quell’andatura PJ sentiva le pulsazioni del pisellone di suo padre più intense e ravvicinate tra loro. Nel sonno, senza alcun controllo cosciente, l’orgasmo stava montando rapidamente. Ma PJ era così ansioso di gustare il seme del suo papà che si lasciò rinchiudere in un ciclo vizioso infinito. Infatti… Più lui succhiava veloce, più le contrazioni erano forti e frequenti. E più le contrazioni erano forti e frequenti, più lui succhiava veloce.

Il respiro di Pietro cominciava ad essere più corto e rumoroso. PJ lo sentì ma di fermarsi non se ne parlava. Era così arrapato e desideroso di quella bevuta e in più gli sembrava di trovarsi dentro uno di quei videogiochi erotici con cui ogni tanto di divertiva al pc. La fantasia glie lo faceva vedere, il tasto da premere velocemente e ripetutamente per avanzare, diciamo. Come una di quelle scene in tempo reale in cui bisogna premere i tasti giusti per proseguire. E come lo premeva veloce e con foga PJ “quel tasto” di suo padre! Nel mondo dei videogiochi, questi momenti vengono chiamati “Scontri sensibili al contesto”. Come ciliegina sulla torta inoltre, PJ immaginava che suo padre avesse uno dei suoi sigari in bocca. Tra le innumerevoli immagini di Pietro, quella col sigaro in bocca destava forse l’eccitazione più grande nel cuore e nelle mutande di suo figlio. Era una delle sue preferite. Gli conferiva forza e virilità, anche se un gattone grande e grosso come lui non aveva affatto bisogno di… ‘gadget aggiuntivi’, per così dire.

Il ragazzo pregava che suo padre si svegliasse ma Pietro sembrava caduto in letargo. Niente riusciva a svegliarlo. E il ragazzo che fino ad ora era preso da quel bocchino senza poter fare o pensare ad altro, si fermò. A quanto padre PJ voleva che suo padre si svegliasse molto di più di quanto pensasse. “Non c’è gusto se papà non mi vede e non sa di provare piacere” pensava tra sé “Come lo sveglio? Non voglio farlo bruscamente ma ci deve essere un modo… deve esserci…” In quel momento PJ aveva appoggiato la sua mano sul pancione del padre. Mentre rifletteva, la sua mano scivolò di lato, accarezzandogli la parte laterale del pancione e il fianco. Pietro ebbe un sussulto. Fece un piccolo ansimo a metà tra il piacere sessuale e il fastidio tipico del solletico e farfugliò qualcosa per un istante. PJ restò sorpreso. Quella strana reazione di suo padre gli fece tornare alla mente la scena di un cartone animato che aveva visto da piccolo.

Come molte altre cose, con l’occhio dell’adulto, quella scena aveva un effetto diverso su di lui adesso. La scena in questione, tratta dal cartone ‘Gli aristogatti’ vedeva il maggiordomo che cercava di recuperare dai due cani il suo capello e la culla dei gatti, per eliminare ogni prova del suo coinvolgimento nella sparizione dei gatti stessi. Per recuperare il suo cappello, il maggiordomo gratta proprio la pancia di uno dei due cani mentre dorme. Ai cani piace farsi grattare la pancia ma in realtà questa è una cosa che accomuna tutti mammiferi. Ma le reazioni di quel cane, in un crescendo di goduria che culminava alla fine facendogli inarcare la schiena, agli occhi di PJ gli ricordavano tanto quei video porno della categoria ‘massage’ o ‘handjob’. Cioè di quei video in cui un gatto si lasciava accarezzare, massaggiare e segare da un altro gatto fino all’orgasmo. PJ rivisse nella sua mente per l’ennesima volta la scena di quel cartone notando la reazione del padre e un sorriso furbo gli si accese sul viso. PJ guardò suo padre intensamente mentre l’altra sua mano raggiungeva la prima sul pancione di Pietro ed entrambe si muovevano in avanti per poi scivolare ai lati. Pietro sussultò di nuovo.

Tutto il corpo si mosse. Come se lui fosse stato percorso da una scossetta elettrica. PJ provò un grande ed intenso desiderio per quel… beh… solletico, no? Lo sentiva nelle sue mani. Gli pareva formicolassero, tanta era la voglia. E allora il ragazzo prese ad accarezzare con la punta delle sue dita l’enorme pancione tondo del padre. Dal centro verso i lati e viceversa. Pietro iniziò a tremare e di riflesso la sua schiena e anche la testa, si piegava in avanti. Specie quando le mani di PJ si concentravano sul lato della panciona. Ansimi come quelli di prima, mezzi goduriosi e mezzi fastidiosi per il solletico, allietavano le orecchie di PJ che stimolato da essi non soltanto continuava ma estendeva anche il raggio d’azione di quello strano solletico erotico. Verso l’alto PJ superava i fianchi fino alla parte inferiore delle ascelle arrivando fino ai capezzoli, suoi quali adorava indugiare per godersi la loro rigidezza. Il solletico infatti a questo effetto sui capezzoli. Poi passando dal lato, scendeva per tutta la schiena fino al sedere. Dal basso poi PJ aggiunse anche le cosce, sia davanti che dietro. Si soffermava sul sottopancia, tra l’incavo delle cosce, l’inguine e la parte proprio sopra il pisello. Gli ansimi di Pietro che erano sempre più ravvicinati tra loro, erano sfociati ora in una cantilena goduriosa, interrotta soltanto dalla sua respirazione. PJ ci prese gusto a vedere suo padre così. Credo che non ci vorrà molto perché si svegli… – pensò. Il padre del ragazzo era talmente preso da quella sensazione che presto il suo corpo ormai andante ad un ritmo più serrato, l’avrebbe costretto a svegliarsi per forza. PJ dunque riprese il bocchino che aveva interrotto, pensando che quello unito al solletico erotico, avrebbe fatto svegliare il padre. E magari avrebbe aperto gli occhi proprio nel momento dell’eiaculazione. Sarebbe magnifico – pensava PJ. Lo sperava tanto.

Il pisello di Pietro sobbalzava anche più di prima. Sembrava fatto davvero d’acciaio mentre lo scroto, a causa di brividi di piacere si era ritirato ancora più di prima. La palle di Pietro adesso erano attaccate totalmente al corpo. Una collinetta rugosa e tondeggiante sul suo cavallo. PJ non resistette. La sua lingua leccò… leccò… e leccò ancora quelle due meravigliose uova dentro le quali tanto tempo fa era immerso. Al caldo e protetto, finché non fu il momento di venire al mondo. “Palle mie care… dimora del mio natale… la voglia di chi per voi sempre sale?” – pensava PJ gongolandosi mentre riprendeva in bocca il pisellone di suo padre. E in quel momento accade qualcosa. Al ragazzo sembrava di succhiare un pisello attaccato ad uno di quegli stimolatori elettrici che vedeva nei porno. Anzi… di succhiare addirittura un vibratore… Agli spasmi e alle contrazioni che adesso erano più forti e penetranti di prima, si era aggiunta una sorta di scossa di fondo. Una vibrazione, flebile si ma che comunque arrivava alla lingua e a tutto il palato di PJ. Questa vibrazione diventava a sua volta, sempre più forte ad ogni succhiata. Con l’ennesimo ansimo, Pietro aprì gli occhi. Finalmente sei sveglio! – pensò PJ, guardando suo padre dal basso, col pisello in bocca e gli occhi furbi.

– Ah… ragazzo? Cosa…? Aahaaahhaahhhhhh…..

PJ approfittò dello stordimento di suo padre per rincarare il solletico. Di riflesso Pietro inarco la schiena, sollevandola dal materasso. Così facendo PJ poté spostarsi più al centro, proprio sopra le chiappe.

– aahahhhh…. eeeeeheheheh… nnnhhheeenehh…. – Pietro era così preso che farfugliava cose inconprensibili

“Ecco… ci siamo! – esclamò dentro di sé PJ quando lo sentì arrivare. A quella vibrazione di fondo, si aggiunse come arrivando da lontano, una pulsazione costante. Il pisellone di Pietro si gonfiava lentamente, allargandosi in circonferenza e acquisendo la consistenza del marmo. La vibrazione di fondo diventò fortissima. Così come la pulsazione costante. Ad un certo punto PJ sentì questi due stimoli confondersi e unirsi creando un unica potente contrazione. La prima contrazione dell’orgasmo, seguita da tante altre. Pietro, già con la schiena sollevata per il solletico giungendo al suo climax fece uno scatto avanti, entrando del tutto nella bocca di suo figlio.

– eeeehhhhhh mmmmhhhnnn…. aaaaAAAAAAAAAAAAHhhhhhhhhhhhhhhhhh! – Pietro si lasciò andare e tremori convulsi che lo tenevano così. Con la schiena sollevata a spingere il suo pisello dentro la bocca di PJ. Come per un riflesso condizionato. Quel solletico è davvero potente – pensò PJ mentre ingoiava tutto. Pietro ebbe un orgasmo così potente e ai suoi occhi più completo come a lui mai era capitato prima. Lo sentì anche PJ. Un magnifico sapore di diffondeva nella sua bocca, piena fino all’umana possibilità. Nell’intensità di quel momento chiuse gli occhi e gli sembrò di percepire qualsiasi movimento… ogni contrazione… anche la più piccola del pisello di suo padre. Era come se i suoi sensi si fossero potenziati. Gli pareva perfino di percepire l’uretra del padre aprirsi e chiudersi per espellere lo sperma. E naturalmente, la potenza degli schizzi di sperma che colpendo con forza il suo palato gli donavano tutta la forza vitale che contenevano. Quando PJ non sentì più altri schizzi di sperma si sfilò la salsiccia viva di suo padre dalla bocca. Si, viva. Perché ancora stava sobbalzando dal piacere. Era bagnata e lucida e il prepuzio cominciava a scivolare per via delle contrazioni, fino a coprire del tutto la cappella. La punta del suo prepuzio, allungandosi come un’etichetta, spinse PJ a prenderla tra le sue labbra.

La succhiettava, la baciava e la tirava. A PJ piaceva moltissimo il prepuzio. Spasmo dopo spasmo al fine, il pisellone di Pietro di sgonfiò e si abbassò. Aveva sfogato tutta la sua energia e ora vuoto stanco, scivolava nel sonno di ristoro. Quando non fu più all’altezza del suo viso, PJ si abbassò e prese a baciarlo e strofinarsi su esso e su tutto il cespuglio pubico. Dopo un po’ il ragazzo alzò lo sguardo cercando quello del padre. A orgasmo finito, Pietro era tornato disteso sul letto. Ancora stravolto e con gli occhi fissi al cielo, emise un sospiro di sollievo. Poi i suoi occhi scendendo, trovarono quelli di suo figlio e il suo sorriso complice gli si aprì in viso. Muovendo l’indice della sua mano destra, invitò PJ ad avvicinarsi a lui. Come scalando un’irta montagna, il ragazzo si alzò e avanzò verso il padre. Quando fu vicino, le mani di Pietro presero le guance del figlio e tirandolo a sé gli stampò un bel bacione a cui aggiunse subito la sua calda lingua. Dopo il bacio i due si guardarono per qualche istante. Poi PJ si accasciò su suo padre, chiudendo la mani sul suo fondoschiena. Con la testa poggiata sul petto del padre, PJ sentiva il suo cuore battere. Era ancora veloce ma rallentava a poco a poco. Un abbraccio più figliale di quello in natura non esiste e quella stessa natura da cui tutto nasce, lo trasforma in un richiamo per quello paterno. Pietro infatti rispose subito all’abbraccio di PJ col suo. Le mani di Pietro, spesse e forti, si poggiarono delicatamente su PJ come un uccellino su un ramo. Una sulla sua schiena e l’altra sulla testa che accarezzava con una dolcezza degna del vero amore paterno.

– Eheheheh Micino mio… ma da dove ti è venuta fuori questa cosa? – disse Pietro ridendo compiaciuto, ancora col fiatone

– Non sei mai venuto così, vero papà? – disse PJ strofinandosi sul pancione del padre

– No. Mai… Mi sento come se mi avessero succhiato il sangue, ragazzo…

– Papino… Quando si sborra molto è così. Tu sei più grande di me… Dovresti saperlo… – PJ alzò lo sguardo e rise scherzosamente

– E’ vero, ragazzo. In effetti ora che mi ci fai pensare… una volta mi è successo di sborrare e sentirmi stravolto così. Ma sono passati 22 anni… E’ normale che io l’avessi dimenticato… – E Pietro accarezzò di nuovo la guancia di suo figlio – ma grazie  te, ora lo ricordo di nuovo. Hai pappato tanto, oggi! Eh, si… un bel bicchierone di latte ci vuole per cominciare la giornata…

– Con il tuo posso cominciare anche 10 di giornate di fila, papino… – E i due risero insieme. Pietro da canto suo frizionò i capelli di suo figlio come gesto affettuoso divertito. Nel frattempo con l’altra mano, Pietro aveva cercato il culo di figlio e…

– Figliolo… hai ancora quel coso li dentro? – Pietro rise

PJ allora controllò. – Cazzo… è vero! – disse ridendo imbarazzato – Quando sono con papà mi dimentico di tutto… – E PJ sollevandosi bacio di nuovo suo padre

Si, però… – continuo Pietro – dovresti andare a liberarti ora, figliolo. Non voglio che ti venga il mal di pancia. E poi… L’igiene innanzitutto. – disse Pietro accarezzando di nuovo la guancia di PJ. Quello era uno dei tanti mantra con cui Pietro aveva cresciuto suo figlio. A PJ era sempre piaciuto sentire queste perle di saggezza di suo padre. Era una delle tante cose di lui che lo avevano conquistato da sempre. Perfino da piccolo quando non voleva fare qualcosa, bastavano queste poche parole di suo padre, unite ovviamente all’affetto e ammirazione figliale, a portarlo ad ubbidire senza indugio. E adesso, con quella maggiore intimità che avevano appena raggiunto, anche di più.

– Hai ragione, papà. Vado subito in bagno. Tu… non ti muovere, eh? Faccio prestissimo. – disse PJ con un sorriso dolcissimo

– Tranquillo, micino. Non mi muoverò da qui… – Pietro pizzicò la guancia di suo figlio facendogli un occhiolino

PJ allora balzò fuori dal letto come un grillo e corse verso il corridoio ed entrò in bagno. Stava per chiudersi a chiave, come era sua abitudine ma poi pensò – Nah, non c’è bisogno. Siamo solo io e papà… –  e lasciò la porta chiusa senza girare la chiave.  PJ si sedette sulla tazza del gabinetto e sollevandosi lateralmente sfilò piano piano il dildo dal suo sedere. Quando fu estratto PJ sentì una cascata venire da la sotto e di riflesso un getto freddo di ritorno sul suo culo. Lo schizzo di ritorno che normalmente si sente quando si va in bagno era una goccia al confronto. PJ si sentì sollevato… liberato e anche tanto eccitato. Gli tornò in mente ciò che aveva letto una volta su internet.

“Il retto e la prostata sono uno accanto all’altra. Dato che in prossimità di essa la membrana del retto è molto sottile, i medici possono controllare la prostata e percepirla al contatto, inserendo un dito dalla cavità anale,verificandone lo stato di salute. Quando l’uomo raggiunge una certa attività sessuale, questa zona si sensibilizza ulteriormente, facendo provare all’uomo un più intenso piacere sessuale durante il coito. E quando il retto raggiunge una determinata soglia di sensibilità, l’uomo può avvertire piacere sessuale anche in altri momenti in cui i muscoli rettali vengono adoperati. Ad esempio, nelle evacuazioni.”

Grazie, papino… – pensò tra se – col tuo pisellone è come de avessi scopato dieci volte in un colpo solo… – PJ rise compiaciuto.

Dopo essersi liberato completamente, PJ si ripulì con un po’ di carta igienica e tirò lo sciacquone. Si sentiva leggero come una piuma ma sentiva anche un grande fame nel culo. D’altronde aveva la pancia vuota, adesso. Ma avrebbe dovuto aspettare. Suo padre aveva già eiaculato. Comunque il ragazzo era già soddisfatto. Non era entrata dal culo ma cmq aveva fatto un lauto pasto con la sborra di suo padre e quel pensiero fece placare quella sua fame anale. Uscito dal bagno, PJ entrò un attimo in camera sua. Con la coda dell’occhio Pietro lo vide e subito dopo di nuovo passare il corridoio e rientrare in bagno con qualcosa in mano. Avendo un intuizione, Pietro si alzò e raggiunse suo figlio in bagno.

– Eheheheh come pensavo, ragazzo. Posso guardare, vero? – Al sorriso complice di Pietro, PJ non aveva mai saputo dire ‘no’ in tutta la sua vita. Figuriamoci ora.

– Certo, papà… – disse PJ arrossendo felice

PJ aveva preso il suo doccino anale e si stava sciacquando il sedere.

– Vedi, papà. Si fa così. Si inserisce… si apre l’acqua un po’ e poi si spinge fuori, come se stessi andando in bagno.

– Proprio facile, ragazzo. – Pietro annuiva

Ce da dire che fu una fortuna per PJ che nel suo bagno ci fosse un rubinetto in più. Tra l’altro uno di quelli a cui è possibile avvitare il tubo d’acciaio con dado, tipo quello delle docce. Quel rubinetto era già li al tempo in cui Pietro e Peg si trasferirono in quella casa, prima che PJ e Pistol nascessero. La coppia neo sposata non l’aveva mai usato e sebbene avesse pensato più di una volta di toglierlo, non lo fecero mai.”Potrebbe sempre servire” – diceva una volta uno e una volta l’altra. E così quel rubinetto continuò a tenere la sua posizione, proprio tra gabinetto e il bidet. Successivamente, nell’espletamento delle faccende domestiche a Peg venne l’idea aprire quel rubinetto anziché riempire il secchio per pulire il pavimento. Faceva ricadere direttamente l’acqua a terra e poi versava un po’ di detersivo. E così puliva. Da quella volta Peg per ottimizzare i tempi, fece sempre così. Col mocio spingeva l’acqua anche verso il corridoio e a volte arrivava persino alla camera di fronte, la futura stanza di PJ, e alla loro stanza da letto. Quando PJ acquistò il suo doccino con tubo realizzò di aver fatto quell’acquisto senza rifletterci sopra a sufficienza. Non sapeva infatti se poteva effettivamente usarlo dato che era necessario attaccarlo ad un rubinetto. Un giorno mentre era solo a casa fece questa prova, già quasi del tutto conscio che non avrebbe dato risultati positivi. Gli sarebbe servito da lezione per il futuro. PJ entrò e si guardò intorno nel tentativo di cercare un possibile punto per usare il doccino. L’occhio gli cadde proprio li, sul quel rubinetto in più. PJ ci pensò su un attimo. Poi si abbassò. Afferrando l’estremità del tubo, dove c’è il dado, l’avvicinò lentamente a quel rubinetto con le stessa cura e trepidazione con cui un artificiere si approccia ad una bomba per disinnescarla. Magari… – pensava PJ mentre il tubo e il rubinetto si toccarono. PJ con un movimento ultra lento iniziò a girare il grosso dado del tubo e… girava! Continuava a girare fino a che arrivà alla sommità e si fermò. PJ voleva urlare dalla contentezza mi si fermò. Non era ancora il momento di esultare. C’era un’ultima prova da fare. Quella che avrebbe tagliato la testa al toro. PJ direzionò il doccino verso la tazza del gabinetto e aprì il rubinetto. L’acqua usciva alla perfezione e senza perdita dal rubinetto o dal tubo!

– Che botta di culo!!! – Urlo PJ per la grande contentezza e dato che era solo a casa, approfittò in quel momento. Si fece il suo primo lavaggio intestinale. Seguì scrupolosamente le indicazioni che aveva letto su internet e che rilesse di nuovo per sicurezza prima di cominciare. PJ si sentì molto soddisfatto di sé e di aver conquistato quell’esperienza di vita. Da quel giorno l’avrebbe fatto dapprima una volta a settimana, poi due volte e poi quasi ogni giorno quando iniziò ad essere sessualmente attivo. Non che PJ avesse una grande attività sessuale né che in quelle occasioni saltuarie trovasse sempre chi lo inculasse ma comunque ai suoi partner occasionali piaceva leccargli il culo e quindi lui si premuniva che fosse sempre pulito.

Dopo essersi sciacquato per bene, PJ chiuse il rubinetto e smontò il tubo col doccino come aveva fatto le altre volte. Pulita poi la punta del doccino con un po’ di sapone e asciugato tutto, tornò nella sua stanza e ripose il tubo con doccino nel cassetto da cui l’aveva preso. Pietro prese per mano suo figlio sorridendo e lo riportò nella stanza da letto. I due si stesero e PJ si attaccò a suo padre, abbracciandolo. Era felicissimo. E voleva che quel momento durasse per sempre. Non solo il sesso… anche quella stupenda, fantastica intimità padre-figlio. Sebbene non per male o paura PJ aveva inevitabilmente… beh, definirli dei segreti sarebbe eccessivo in realtà ma comunque c’erano cose che non poteva dire al padre, come ad esempio il doccino. Sapeva di non poter condividere certe cose di sé con lui perché suo padre era diverso da lui. Almeno così lui pensava fino a qualche giorno prima. Ciò che contava davvero era che i suoi avessero accettato la sua omosessualità. Però se PJ avesse potuto scegliere avrebbe detto ogni cosa su di lui. Quella sensazione era un pallido eco di ciò che lui aveva provato tanto tempo fa. Quando scoprì di essere gay e affrontava il dilemma di tenere questo grande segreto dentro di sé perché non si sentiva pronto per confessarlo. Cose di questo genere si sa, anche se superate, lasciano un segno che mai se ne va del tutto.

– Papà?

– Si?

– Mi ha fatto piacere poterti parlare del doccino, papà… – disse PJ sorridendo mentre si strofinava la guancia sul pancione di suo padre.

– E a me ha fatto piacere di aver visto che ho un figlio responsabile. Lo sapevo già però… ora posso dire… che lo so ‘fino in fondo’… ahahahah! – La risata di Pietro portò con sé anche quella di PJ – Allora, micino… – riprese Pietro – adesso tocca a te. Come vuoi che te la faccia sparare fuori la tua sborra? Dimmi… farò tutto ciò che vuoi. Voglio farti tornare al college con il sorriso stasera.

Ah, già… – esclamò PJ e il suo volto divenne triste. Con tutte quelle emozioni il ragazzo aveva completamente dimenticato che il fine settimana era finito e doveva tornare al campus del suo college. Ma qui è necessario fare un passo indietro.

Dopo aver finito il liceo, il giovane PJ sapeva che molte cose sarebbero cambiate. Avendo già visitato il college dove sarebbe andato, il Ducktlon degli studi di Condor city, sapeva che li vi era un campus. Il ragazzo ricordava ancora il giorno in cui ricevette la lettera di ammissione al college e la più che buona media dei suoi voti gli aveva anche fatto conquistare un posto all’interno del campus. PJ non poteva essere più felice. E anche i suoi genitori erano felici per lui. Vivere in autonomia è sempre il desiderio di tutti i figli che crescono. Per il primo anno di college tutto filò liscio. PJ sapeva che Pistol che allora andava ancora al liceo, avrebbe tenuto compagnia al padre ma quando pure per lei giunse quel salto, il ragazzo iniziò a sentirsi triste e malinconico. Come detto in precedenza, i viaggi di Peg, la madre di PJ iniziavano ad aumentare in quel periodo. Con la madre in sempre in viaggio e lui e sua sorella al college, suo padre sarebbe rimasto a casa da solo. PJ aveva ben notato quanto allora il padre fosse giù per la situazione tra lui e sua madre e il solo pensiero di lasciarlo da solo in quella casa gli stringeva il cuore. Lo faceva sentire come se anche lui l’avesse lasciato. Tradito in un certo senso. Combinazione volle che il compagno di stanza di PJ fosse Alan. Un cane che era suo grande amico ancor prima di Max, il figlio di Pippo. Avevano frequentato insieme l’asilo, la scuola elementare e quella media ma poi finirono in due licei diversi. La famiglia di Alan si trasferì altrove e questo influì su tutto, scuola compresa. PJ fu contento di questa sorpresa. I due avevano molti interessi in comune ed essendo cresciuti insieme, avevano raggiunto un grado di confidenza per cui parlare di ogni cosa rappresentava la normalità. Fu ad Alan infatti che PJ svelò per primo la sua omosessualità. E Alan lo ricambiò. A quanto pare i due avevano anche ‘quello’ di interesse in comune. Fu sempre Alan in seguito a consigliarlo, sostenerlo e aiutarlo a confessare tutto ai suoi genitori. Lui sembrava sempre così sicuro di sé… come fosse nato col manuale ‘Essere gay’ in testa. Sembrava senza paura e PJ lo invidiava per questo. Da quando sua sorella Pistol uscì di casa come lui per andare a vivere nel campus del suo college, PJ sfruttava ogni buco libero per telefonare a suo padre. Anche col rischio di farsi prendere in giro per non sapere stare lontano da casa. Ma non gli importava. Strappare una risata a suo padre, anche a sue spese era ciò che più contava per lui. Durante una di queste telefonate, Alan entrò in stanza e vide PJ visibilmente triste. Nonostante le telefonate infatti, PJ sentiva di non fare abbastanza.

– Ehi… PJ! Ti va di parlarne?

Con Alan non c’erano segreti. Lui conosceva così bene PJ che gli bastava uno sguardo per capire. PJ allora gli disse tutto.

– Cavolo… capisco come ti senti – disse Alan mettendo una mano sulla spalla di PJ – Ehi, aspetta! – continuò – Mi è venuta un idea!

– Quale? – domandò PJ

– Perché non torni a casa i fine settimana? Abiti ancora a Eagle city, no?

– Si.

– Ci sono solo 30 minuti di treno da qui a casa tua. Tu non hai lezioni il venerdì pomeriggio, giusto? Parti venerdì pomeriggio, allora. Fai compagnia a tuo padre sabato e domenica e la domenica sera torni qui.

– Sicuro che si possa fare, Alan? Non diranno niente qui?

– Certo che no, amico. Mica tutti gli studenti di un college abitano al campus. Ce ne sono un bel po’ che abitano altrove. Ciò che conta è che si frequenti le lezioni e si sostengano gli esami. Se poi studi qui o a casa non conta un cazzo…

– Hai ragione! Grazie, Alan. Ti devo un favore.

– Ma che dici? Siamo amici, no? – e i due ragazzi si abbracciarono

Fu così che PJ iniziò a passare i suoi fine settimana a casa per far compagnia a suo padre. Sebbene cercasse di non far trapelare nulla, dalla sua espressione PJ capì che a suo padre faceva piacere averlo vicino in quel momento difficile.

Tornando al presente, PJ dunque si era ricordato di dover lasciare nuovamente suo padre solo per 5 lunghi giorni. La solita malinconia gli era cascata addosso come un macigno di 1000 tonnellate. Non gli piaceva proprio lasciare solo suo padre. E a questo, intensificato da quello che era successo tra di loro, si aggiungeva anche il desiderio di restare sempre li, nudo con suo padre ogni giorno. PJ voleva che quel momento continuasse. Non voleva tornare al mondo reale. Ma ogni gatto adulto sa che deve compiere il suo dovere per definirsi tale. Così suo padre gli insegnò tanti anni fa.

– Ah, papino… non vorrei andarmene… – disse PJ sospirando con un lieve sorriso strofinandosi ancora sulla pancia di suo padre

– Lo so, ragazzo. Non vuoi lasciarmi solo, vero? E’ per questo che da quando frequenti il college li passi qui i tuoi fine settimana, invece di divertirti. Non è così? – disse Pietro con gli occhi dolci

– Si, papà. – come PJ aveva previsto, suo padre aveva capito tutto – ma l’ho faccio perché è quello che voglio. Non è un sacrificio… – PJ arrossi nella modestia della sincerità e poi… – e la sua espressione cambiò – da ora in poi il divertimento di sarà pure qui. Vero papà? – e fece il sorriso malandrino

– Ahahahah… il mio ragazzo… – E Pietro baciò suo figlio. Un bacio lungo in cui poi alla fine afferrò le labbra di PJ tenendole a ventosa mentre si allontanava e le lasciò lentamente, come se in realtà non volesse staccarsi da lui… ed era così. – Sei un bravo figliolo, PJ. Lo sai? – E Pietro poggiò la sua mano sulla guancia di suo figlio. Gli occhi di PJ divennero lucidi. – Tu sei sempre stato con me. Mi ha sostenuto. Probabilmente avresti voluto anche schierarti dalla mia parte ma non potevi, ragazzo. Ed è giusto così. Perché tu vuoi bene sia a me che a tua madre. E i problemi che ci sono tra me e lei riguardano solo noi due. Tu e tua sorella non c’entrate. Comunque sia, micino mio… solo felice di averti avuto vicino. Non solo mi hai fatto compagnia ma mi hai pure aiutato scoprire questa parte di me che… figlio mio, solo tu potevi riuscire a smuovermi dentro in questo modo.

– Papino… – PJ arrossì

– Però, figlio mio… se tu stai sempre con me non lo troverai chi ti incula per la vita… – e Pietro sorrise di nuovo in modo intrigante afferrando il naso di suo figlio agitandolo a destra e a sinistra come se lui fosse ancora piccolo. Uno dei primi gesti di affetto di un padre e che un figlio si lascia sempre fare in segno del suo affetto figliale. – Mi dispiacerebbe se per me tu trascurassi la tua vita. Perché io, figliolo… io desidero vederti ‘assistimatu’ come diciamo noi del sud. Sia tu che tua sorella. Cioè con accanto una persona che vi ami e con cui dividere a vita. Io ci sarò sempre per te… per tutti e due…  ma purtroppo non posso darti questo, nonostante lo desideri.

– Lo so, papà. Ma chi mi inculerà per la vita dovrà prendere anche te! – disse ironicamente – Due cazzi è un culo all-inclusive. Non ti preoccupare, papino… siamo in tanti ad amare i ‘papà’… – e stavolta fu PJ a strizzare il naso di suo padre

– Ahahah esatto. E quando mi presenterai il tuo fidanzato io gli farò il mio esame. Bocca, mani, culo… tutto gli controllerò. Per vedere se è degno di te… cioè, di tutti e due… – E padre e figlio risero sonoramente.

Quando le risate si placarono PJ disse – Scherzi a parte, papà… io non ti lascerò da solo. E’ una promessa che ti faccio.

– Non ho bisogno di una promessa per crederti, figliolo. Ora il tuo culo appartiene a me. – e la mano di Pietro atterrò su una delle natiche di suo figlio. PAC! Una bella sculacciata fatta di amore paterno. – Era mio pure prima ma ora ho pure il comodato d’uso. E anche di questo pisellone qui – E glielo afferrò, avendo notato che nel frattempo PJ aveva avuto un erezione. PJ si mise supino. – Tutto questo è roba mia, come dici tu, ragazzo… te l’ ho dato io per farti e farmi piacere…

– Si, papino…

– Allora? Come ti piacerebbe venire, ora? Così duro non ti lascio andare via… – e Pietro fece l’occhiolino col suo solito sorriso malandrio

– No, papino… stavolta decidi tu. Io ti ho detto tutto di quello che mi piace e vorrei farti. Ma di te invece non so nulla. – PJ fece lo sguardo birichino e gli occhi dolci. – E io sono tanto curioso… – E stendendo poi le braccia verso l’alto si mise in posizione di chi si offre totalmente. – Che cosa immaginavi quando ti segavi la notte pensando a me? – E muovendo il bacino faceva ondeggiare il suo pisello.

– Mmm… leggi veloce tu, figliolo… Beh… pensavo di scoparti, ovviamente. Come abbiamo fatto ieri… – E Pietro accarezzò i capelli di PJ soffermandosi poi a giochicchiare col lobo del suo orecchio

– Si, certo… ma come lo immaginavi? – E PJ prese la mano di suo padre portandosela sul suo petto – Sai… quando ci si sega si immaginano sempre tante cose che portano alla scopata… e alcune fanno eccitare di più di altre. – e la mano di PJ portò quella di suo padre sulla sua pancia – E si pensano anche altre cosette… giochetti erotici che fanno eccitare come e anche di più di una scopata. – la mano di PJ continuava a scendere. Ora sulla sua, Pietro sentiva i peli pubici del figlio – E dato che io immagino tante cose mentre mi sego  e tu sei mio padre… – E PJ fece raggiungere a suo padre il suo pisello e muoveva con la propria, la mano di lui – se lo faccio io, a maggior ragione sono certo che lo fai anche tu… – E PJ lasciò la mano del padre dandogli carta bianca e ri-distese all’indietro il braccio – A cosa pensi, papà? Dai, dimmelo… – disse PJ ondeggiando il bacino su e giù per incitare suo padre a tirare fuori quell’eccitante rospo.

– Minkia, figlio mio. L’ho detto e te lo ripeto. Nessuno è riuscito mai a smuovermi dentro come fai tu. In effetti è vero. Ho immaginato tante cose diverse… E una la voglio fare adesso. Beh… proprio fare no perché la situazione è diversa ma la faremo un’altra volta, ci puoi giurare! Stavolta te la racconterò mentre ti masturbo. Chiudi occhi, figlio mio. Così potrai immaginare la scena.

– Va bene, papà… – E PJ chiuse gli occhi, aguzzando le orecchie per non perdersi nemmeno una parola di suo padre. E allora Pietro iniziò a parlare…

“In questa fantasia, ragazzo… io immagino di essere un modello di una rivista erotica per signore. Ma come di certo tu saprai… una bella minkia come la mia può finire anche in un giornaletto per maschietti come te. Un giorno tu scopri le mie foto in una delle riviste che compri e allora ti conservi quel numero come una reliquia. Ogni sera tu aspetti che io e la mamma ci addormentiamo per segarti sfogliando le pagine di quella rivista e soddisfacendo il tuo desiderio di vedere papà nudo anche se solo su un foglio di carta. Ma tutto quello che fai tu ragazzo, papà lo ha già fatto tanto tempo prima di te. E papà vede tutto… e sa tutto. E così una sera sbuco nella tua stanza proprio quando stai eiaculando. Sei pieno di sperma, ragazzo. Su petto e pancia. E io pieno di orgoglio nel vederti… Appena alzi lo sguardo e mi vedi fai la faccia impaurita perché sei stato beccato. Io ti dico – <Questo è il mio ragazzo…>”– Si… io sono il tuo ragazzo, papà… – PJ adorava sentirsi dire queste parole.

– Vado avanti, ragazzo?

– Si, papà… si…

– D’accordo.

“La paura non ti fa rispondere. Allora io entro nella tua stanza e mi avvicino a te che sei seduto sul letto e proprio all’altezza giusta dei miei boxer. Io guardo la rivista. Tu lo noti e d’istinto la chiudi ma papà ha già visto le sue foto e ha capito tutto. Io non dico niente, ragazzo. Ti prendo solo la nuca e te l’avvicino alle mie mutande.”

– Mmm… che dolce profumo… – disse PJ vivendo quella fantasia assieme a suo padre

– Eh si… perché papà è abituato a pisciare sempre prima di andare a letto. E come tu sai le mutande hanno sempre l’ultima goccia di pipì…

– Si… è vero…

PJ si era calato totalmente in quella fantasia di suo padre e continuava a intercalare risposte al racconto di Pietro.

“Come ho detto,ragazzo io non dico nulla… lascio che sia ‘lui’ a parlare per me. E infatti tu lo senti muoversi sulla tua guancia. E si gonfia… si gonfia… fa la montagnola fino a coprirti un occhio. Dall’altro occhio riesco a capire cosa pensi… ‘Sta succedendo davvero?’ Si. Succede davvero, ragazzo… Allora io ti guardo e dico – Vuoi questo, figliolo? – e te lo strofino in verticale sul naso per farti sentire meglio l’odore. – Dimostrami che lo vuoi… – ti dico e tu te ne stai li con la faccia stralunata – …avanti… – e allora tu me lo dimostri, figliolo. Afferri il cinto dei miei boxer e me li fai scivolare giù. Quando esce fuori il mio pisellone fa un balzo che ti colpisce il naso di striscio. Le tue guance diventano rossissime per la mia forza maschia. La tua bocca si spalanca da sola e allora io mi ci infilo dentro. Appena lo senti, ragazzo… succhi con dolcezza. Vuoi goderti quel momento fino in fondo… ma presto ne vuoi di più e di più ancora e inizi a sucare come un ossesso. Un bocchino fantastico… quello che solo la boccuccia di un figlio ti può dare. Perché come hai detto tu, ti ho fatto su misura per me. Giusto, ragazzo?”

– Giusto, papà… – PJ si era così calato in quella fantasia di suo padre che gli sembrava di sentirlo davvero il suo pisello in bocca – Continua papà… continua…

E Pietro proseguì con il suo racconto.

“Di tanto in tanto io te lo esco e te lo sbatto piano piano in faccia. Eh bravo, il mio foglio bocchinaro… avevi questa bella boccuccia di rose e te la tenevi per te? Non si fa così… adesso dovrò punirti. – E tu mi rispondi – Ma io non sapevo che tu…- e io – Ora lo sai, ragazzo. Che vuoi fare? Lasciare papà così o vuoi essere un bravo figliolo? – Tu mi guardi con la faccina dolce e mi dici – Voglio essere un bravo figliolo, papà… – e riprendi a succhiare il mio pisellone con tanta foga e tanto amore. Nonostante i miei anni, ragazzo… non hai visto e sentito qualcuno che fosse più felice di te di farmi un bocchino. Ieri e stamattina l’ho sentito dal vivo e ieri tu me l’hai detto apertamente, ma già nella mia mente lo sapevo. E’ la gratitudine che ti spinge. Perché sono stato io farti nascere e sopratutto a farti maschio. E’ il papà che decide queste cose… papà voleva te, ragazzo. E’ per questo che ti ho fatto nascere con una minkia come la mia. Noi del sud lo chiamiamo così il pisellone. Stai dando al tuo papà tutte le gioie di questo mondo con la tua bocca e sembri non averne mai abbastanza perché continui e continui. E io continuo a sentirmi l’uomo più felice del mondo. E non ti stanchi mai, ragazzo. Tu continui… e continui.. e continui…”

Queste ultime parole andavano a ritmo della sega che Pietro stava facendo a PJ.

– E’ normale, papà… ahm… La vita che ci tu mi hai dato è un dono così grande e importante che… io desidero essere la tua gioia eterna…

– Si, micino. Hai ragione. E lo sei… la gioia della mia minkia. Da sempre, micino mio dolce. – e Pietro suggello quel momento con un lungo e caldo bacio. Che momento intenso! Sembrava che il tempo di colpo si fosse fermato. Durante quel baciò Pietro aveva aumentato la velocità della sega e quando si staccarono, lui avverti nel suo palmo le contrazioni del pisello di PJ. – Vuoi che continui a raccontare, micino? O vuoi venire subito?

– No, no! Racconta, papà! Racconta… Voglio sapere come finisce… – disse PJ rosso in viso.

– Va bene, micino. Va bene. – disse Pietro sottovoce sorridendo e rallentò il ritmo – Continuiamo la storia.

“A forza di succhiare, ragazzo… mi stai facendo salire 10 litri di sborra e comincio a sentirla da lontano che vuole uscire. Ma io non voglio venire ancora e… non così. E allora ti prendo per la testa e ti allontano. Ti appoggio il mio pisellone sulla guancia e tu mi guardi, sempre più rosso. Figlio mio… – ti dico io – così non va. E’ tutto qui? Vuoi proprio che io me ne venga così? Per te io merito solo qualche sucata di sfuggita come fossi l’ultimo arrivato? Io sono tuo padre, ragazzo… – e allora tu fai la faccina triste. E’ stato perché eri molto eccitato, è vero… ma stavi per commettere un sacrilegio nei miei confronti. Farmi venire solo con la bocca. Un bravo figliolo fa così?”– No, papà! Un bravo figliolo da tutto al suo papà… e io tutto ti do io, papino… tutto! Perché voglio farti contento… – disse PJ ansimando

“Esatto, ragazzo. E infatti tu poi mi sorridi e senza parlare ti giri e appoggiando le mani sul tuo letto, mi porgi il tuo bel culone – Perdonami, papà. – mi rispondi tu – C’è ancora tanto che voglio darti. E questo per primo. Lo so che è in ritardo, papà ma… prendilo. E’ tutto per te. Adesso e ogni volta che vuoi… – E allora io ti accarezzo le chiappe e ti dico – Bene, ragazzo. Era proprio questo che intendevo. Si… tu sei davvero un bravo figliolo. Si… un bravo… bravo figliolo… – E allora te lo infilo dentro piano piano. E tu ansimi così forte che ti chiudo la bocca. Così la mamma non ci sente…”

– Si… non ci sente… di nascosto. Perché questa è una cosa che riguarda solo padre e figlio. Vero, papà? – PJ si stava godendo sempre più quel momento. Provava una grande eccitazione, nonché anche soddisfazione ad essere al centro di una fantasia di suo padre. Pietro riprese a parlare.

“Però, ragazzo mio… – ti dico mentre lo spingo dentro – Papà non può dimenticare tutte le sere in cui lo hai hai lasciato solo a masturbarsi. No posso proprio. Tu dovevi venire da me… Mi spiace ma devo punirti e… farà più male a me che a te. – e allora te lo spingo dentro a forza, tutto d’un pezzo. Tu urli nella mia mano per il dolore che ti sei meritato. Allora io vengo verso di te e ti dico – Eheheh ho detto una bugia! Il dolore è solo tuo ragazzo ma passerà presto… Shhh… buono… buono… ora passa, figliolo. Papà doveva farlo… Tranquillo… tranquillo… shhh – E quando hai finito di ansimare ti sposto la mano dalla bocca e tu mi dici – Hai ragione, papà… me lo sono meritato. Sono io che ho sbagliato. Tu hai tutto il diritto di punire il mio errore. E per questo ti ringrazio. – E poi ti giri e mi dai un bacetto – Sono tuo, papà… fammi quello che fai alla mamma. E buttamelo dentro senza pensieri… con me lo puoi fare, papà. Puoi godere fino in fondo senza preoccupazioni.- e io – Mmm… tu sai tutto, eh figliolo? – ti dico ironicamente ed eccitato come una bestia. Tu mi rispondi – Io so solo che ogni cosa che dici e fai è giusta… anche se sei duro come prima. Tu sei sempre ne giusto, papà perché lo fai per me… – Bravo, ragazzo. E’ così che si parla! E’ vero. Ogni cosa che faccio, figlio mio… è per il tuo bene. Solo per il tuo bene… – Tu mi rispondi – Si, papà… – e allora io inizio a spingere. Te lo faccio arrivare tutto dentro ogni volta. Prima piano perché voglio godermi il tuo buco e poi quando i miei coglioni cominciano a gonfiarsi allora vado veloce. Sempre più veloce. Tu ansimi come un pazzo e così ti rimetto la mano in bocca. Perché deve esserci silenzio… silenzio mentre prendo quello che è mio, di nascosto alla mamma.”

– Ah, papà… Ah… – PJ sentiva l’orgasmo avvicinarsi sempre di più… lento e inesorabile…

“Quel tuo culone, ragazzo mio è così bello che non riesco proprio a controllarmi. Ci provo ma è tutto inutile. Nella mia vita ho imparato come tenere l’orgasmo sotto controllo ma sembra che dentro quel buco ci sia tutto un altro mondo. L’istinto di continuare a spingere è troppo forte e non riesco a fermarmi. Non voglio fermarmi… E anche se è presto io voglio sborrare… voglio liberarmi dentro di te, dove tutto è concesso e non riesco più a resistere, ragazzo…”– Anch’io, papà… anch’io… – PJ sentiva l’orgasmo sempre più vicino e neanche lui poteva né voleva resistere.

“Di colpo lo sento arrivare! Una sborrata da 1000 e di riflesso entro tutto dentro e mi lascio andare. Spingo ancora e ancora. Voglio fartelo arrivare più in dentro possibile,ragazzo. Perché voglio godermi questo momento fino in fondo. La sborrata è così forte che mi fa venire voglia di urlare e così mi tappo la bocca. E tu dici – Si, papà… liberati… dammelo tutto. Qui dentro c’è tutto lo spazio che vuoi e di cui hai bisogno… si… buttalo dentro… non risparmiarti… – E queste tue parole mi incitano ancora di più che mi sembra di non riuscire e smettere di spararti la mia sborra nel culo, ragazzo. E tu la senti, figliolo. Come l’hai sentita ieri… Bella calda e abbondante. E quegli schizzi che ti colpiscono dentro… si… belli potenti ed energici. Si, ragazzo. Io mi sento davvero libero… si… libero…”

– Ah, papà! Ah… ah… AHHHHHHHHHHHHHHHHHH!!!!!!!!! – seguendo le parole di suo padre, PJ si lasciò andare a sua volta al suo di orgasmo. Una sborrata davvero copiosa e potente. Una gran bella prova del legame che c’era fra loro! L’eccitazione del padre aveva alimentato quella del figlio. E le due insieme erano li, dentro quel liquido bianco e caldo che usciva… usciva… e sembrava non finire mai.

– Esatto, figliolo. Proprio così. Niente preservativo… niente uscire prima… niente pensieri… solo una sborrata libera come natura vuole che sia. Come quella di ieri. E’ l’istinto del maschio… nella sua forma più pura. Noi siamo fatti per inseminare, ragazzo… è la nostra natura. – disse Pietro mentre ancora menava il pisello di suo figlio e le colate di sperma conclusive gli scorrevano sulle dita. Pietro adagiò con delicatezza il pisello di PJ sul suo sottopancia e prese a leccarsi le dita.

– Mmm… che buono, ragazzo! Sai… ancora non ci credo che mi sarebbe piaciuto così tanto lo sperma… sopratutto il tuo che sei mio figlio. Mi fa sentire fiero di me. E anche di te, ovviamente. Perché sono riuscito a fare un maschio a cui non manca niente. Come me.

Ripulita la mano, Pietro la adagiò sulla pancia di PJ e prese a spalmare tutto lo sperma che gli era ricaduto addosso tutt’intorno, come fosse una pomata o una crema per la pelle.

– Ecco… questo è la tua virilità, ragazzo. Ti farà diventare ancora più maschio. – E gliela spalmò su palle, pisello arrivando perfino a pancia e petto. A PJ piaceva tanto sentirsi bagnato. Quel caldo liquido era già diventato freddo ma l’unto dello sperma, anche se freddo da a qualunque uomo lo apprezzi un senso di completezza… come se solo ora fosse davvero un uomo completo. Certo, è sempre dentro di noi ma il vederlo… il sentirlo sulla pelle… da una consapevolezza maggiore.

– Allora, figliolo? Ti è piaciuta la mia fantasia?

– Si, papà… E’ stata bellissima.

E ridendo e scherzando si erano fatte le 11:30. Padre e figlio sapevano che era ora di tornare alla realtà e così si alzarono dal letto.

– Dai, papà… andiamo a lavarci. Così poi pranziamo e io… – e PJ fece una smorfia triste che però si tolse subito – …io tornerò al college. Vuoi lavarti prima tu e vuoi che vada io?

– Va prima di tu, figliolo. Però… – E Pietro fece il suo solito sorriso malandrino

– Però cosa, papà? – PJ sorrise

E allora Pietro si avvicinò a suo figlio e gli prese il pisello in mano. – D’ora in poi questo te lo voglio lavare io, ragazzo. E’ compito mio adesso. – Pietro fece l’ occhiolino

– E allora io laverò il tuo, papà. – PJ emulò il sorriso malandrino di suo padre

– Mi sembra giusto.

E allora prima PJ e poi suo padre entrarono in bagno per darsi una sciacquata senza farsi il bidèt. Quando Pietro ebbe finito di rinfrescarsi chiamò suo figlio e entrambi iniziarono a lavarsi il pisello a vicenda. Cominciò Pietro. PJ si sedette sul bidèt e gambe distanziate. Pietro invece stata seduto sul bordo della vasca da bagno. La vasca da bagno infatti era proprio accanto al bidèt. Preso il telefono della doccia, Pietro aprì il rubinetto per bagnare il pisello di PJ e facendolo passare sotto le sue gambe, arrivò a sciacquare il buco del culo e poi chiuse il rubinetto. Preso il bagnoschiuma, Pietro se ne mise un bel po’ sulle mani e se le strofinava per creare un po’ di schiuma. Il tutto ovviamente guardando fisso PJ mentre quel sempre incisivo sorriso malandrino si apriva sulla sua faccia. Pietro allora cominciò a insaponare delicatamente il pisello di PJ. Partì dallo scroto. Il ragazzo sentì la forte e spessa manona di suo padre scivolargli addosso in una bianca e ovattata schiuma al profumo di talco. Quel brivido sulle sue palle fece sentire PJ coccolato mentre e il suo scroto si ritirava sempre di più. Ora era come quelle di suo padre, verso la fine del bocchino a letto. Una compatta collinetta rugosa con una folta vegetazione di tanti peli scuri. PJ si appoggiò con la schiena al muro, più precisamente le mattonelle del bagno, per dare al padre agio e spazio maggiore per insaponarlo. Con la schiena appoggiata alle mattonelle in quel modo PJ poteva infatti aprire di più le gambe, facilitando suo padre.

– Te la stai godendo, eh micino? – disse Pietro sorridendo e d’improvviso il suo sguardo divenne più incisivo e le dita della sua mano iniziarono a muoversi freneticamente sullo scroto di PJ – Ti prude, micino? Ti prude? – disse Pietro ironicamente

PJ sussultò. Sulla sua faccia si aprì un sorriso di goduria da cui uscivano ansimi a scatti – Ahahahahahah ah….

Pietro stava grattando lo scroto di suo figlio. PJ era molto sensibile di palle e si lasciò andare del tutto. E quella sensibilità fu accentuata ancora di più dalla schiuma scivolosa del sapone. Proprio come succede quando ci si fa fare un massaggio. Con l’olio la sensibilità è maggiore.

– Ti prude, micino? E grigrigrigrigrigrigrigri… – Pietro faceva il verso del solletico e rideva e sgranava gli occhi per essere ancora più incisivo, rincarando la dose senza pietà

– Aaaaaahhhhhhhhhhh, siiiiiiiiiiiiii! – PJ se la godette fino in fondo quella bella sorpresa. Se non fosse venuto poco prima gli sarebbe venuta un’erezione d’acciaio ma un orgasmo si sa, un maschio ha bisogno di tempo per recuperare. Il pisello di PJ si gonfiò un po’ ma non diventò duro.

Pietro dunque lasciò lo scoto e si concentrò sul pisello di PJ. Lo insaponò per bene e si divertì a infilargli un dito dentro il prepuzio, passandolo sul frenulo un paio di volte e a giro a giro, tutt’intorno alla cappella.

– Di sicuro un bravo ragazzo responsabile come te, saprà che per lavarlo bene, bisogna pulirlo anche dentro il pisello. Giusto, PJ?

– Certo, papà.

Infine, facendo passare la mano sotto le gambe del figlio, Pietro superò lo scorto e si concentrò sul culo di PJ. Insaponò per bene l’incavo delle chiappe soffermandosi ovviamente più volte, sul buco. Non ci entrava dentro ma ci passava sopra con una pressione decisa.

– Che peccato non avere il tempo di sistemare questo culetto anche oggi… – disse Pietro mentre si sciacquava la mani dal sapone e successivamente anche il pisello e il culo di PJ. Chiusa l’acqua poi, prese la tovaglia da bidèt.

– Alzati, ragazzo che ti asciugo – E PJ si alzò

Prendendo la tovaglia dai due estremi, con una mano davanti e l’altra dietro, Pietro prese ad asciugare suo figlio. Che magnifica sensazione provava PJ nel sentire attraverso la tovaglia, la presa delle manone di suo padre! Forti ma anche dolci e piene di cura. PJ si sentiva accudito nel vero senso del termine.

– Asciugami bene, papino… – disse PJ con voce vogliosa

– Tranquillo, micino. – rispose Pietro – Lo sa papà come si asciuga un pisello. Non glie la faccio prendere la ‘premunìa’… ahahahah

– La che? – disse PJ ridendo

– Significa ‘polmonite’, figliolo. Nel senso che non gli faccio prendere freddo.

Adesso era il turno di PJ. Padre e figlio si scambiarono di posto.

Pietro si sedette sul bidèt, appoggiando la schiena sulle mattonelle come aveva fatto suo figlio prima e in più appoggiò una delle sue cosce sul bordo della vasca da bagno. E restò così, con la gamba che penzolava dentro la vasca. Pietro voleva dare a suo figlio tutto lo spazio possibile rendendosi invitante per lui. PJ si insaponò le mani e cominciò. Partì dal sotto pancia e lo insaponò per bene finché i peli scuri non furono del tutto coperti dalla schiuma. Fece lo stesso con lo scroto ma per quello dovette usare entrambe le mani…

– Eheheheh Papà ha i coglioni. Eh, ragazzo? – Pietro fece di nuovo l’occhiolino col suo solito sorriso malandrino

– Eh lo so… ecco perché stavo così largo li dentro… – anche PJ fece l’occhiolino a suo padre

Ed ecco che arriva il turno del super pisellone di Pietro. PJ lo riempì di schiuma facendolo scorrere nel suo pugno per insaponarlo totalmente. Avanti e indietro. Ma quel gesto somigliava tanto ad un altro gesto tipicamente maschile che tutti noi conosciamo benissimo. PJ che da poco aveva avuto quel bellissimo dono di suo padre per sé, non riuscì a resistere. Dall’uno all’altro gesto il passo fu praticamente inesistente.

– Ragazzo… tu dovresti lavarmi il pisello, non masturbarmi… – Pietro rise ironicamente

Il pisello di Pietro però divento duro abbastanza in fretta.

– Ops! Scusami, papino. Ma ormai la frittata è fatta… – E fece lo sguardo malandrino – Non posso lasciare così il mio papino. Dovrò sacrificarmi… – e rise

– ahahahah Sei proprio un bravo ragazzo… si, sacrificati per papà!

Mentre con una mano continuava a fare copri e scopri pisello, con l’altra PJ si occupava anche del culo di suo padre. Lo fece d’istinto e senza chiedersi se a suo padre piacesse. Ci pensò dopo, quando notò che il passaggio incisivo col dito sul suo buco non gli dispiaceva affatto. Anzi… a PJ pareva quasi di sentire il bacino di suo padre Pietro muoversi verso il suo dito, come se volesse che andasse più in profondità. Era la prima volta che Pietro si faceva stimolare il sedere e PJ sapeva che in linea generale un etero come lui, anche se si era appena scoperto bisex, si sarebbe ritratto istintivamente se qualcuno avesse trafficato col buco del suo culo. Per arrivare a questo, e sempre se era sua natura, ci sarebbero voluti più tempo e passi intermedi. Invece lui si faceva esplorare il culo con piacere e PJ ne restò piacevolmente sorpreso. Pietro cavalcava l’onda della scoperta senza nessuna paura e una porta si apriva nella mente di PJ per i giorni futuri.

PJ prese il telefono della doccia e sciacquò interamente suo padre. Non voleva che ci fosse sapone quando l’avrebbe fatto scoppiare perché lui voleva pappare di nuovo. Sebbene volesse succhiarglielo, scelte di segarlo. Il ragazzo voleva godersi lo spettacolo dell’eiaculazione in diretta di suo padre. E ammirare come il suo sperma uscisse da lui, dal buchino della sua uretra. PJ dunque si mise in ginocchio davanti a suo padre.

– Bravo, figlio mio. Mettiti in ginocchio. Papà merita tutto il rispetto che puoi dargli… – disse ironicamente Pietro

– Ora e sempre, papà. – ripose PJ e un po’ per mancanza di tempo e un po’ per impazienza iniziò a segare suo padre a velocità super.

– Ah… uuuuhhh… seee… un ti firmàri… fammi iccar’u ruci!

(Ah… aaaaaahhhhh… Siiii…. non fermarti… fammi sborrare!)

A quanto pare anche Pietro non poteva aspettare e il suo accento del sud che veniva fuori quando l’eccitazione era al massimo, lo dimostrava.

PJ non ci pensava nemmeno a fermarsi. A quella velocità le pulsazioni arrivarono presto.

– Ah, se… figghiu miu… minni stàiu vinnìannu…  Maria… Matri miaaaaaaaaaaaaaaaahhhhhhhhh!!!!!

(Ah, si… figlio mio… sto venendo… Oddio… Mamma miaaaaaaaaaaaaaaaahhhhhhhhh!!!!!)

PJ vedeva con i suoi occhi il pisello del padre contrarsi ritmicamente, sopratutto al centro. Dopo un minischizzo alto poco più di 6 o 7 mm, lo sperma colò giù, come il magma da un vulcano. A PJ piacevano gli schizzi forti ma anche quello, l’eiaculazione a ‘colata’ lo eccitava da matti e da bravo ragazzo, ripulì tutto. Fece passare la sua lingua per tutto il tronco del pisello del padre e anche di lato come fosse un radar cerca-sperma. Dopo averlo sciacquato di nuovo per ripulirlo totalmente ma anche per ‘rinfrescarlo’ dai quei bollenti spiriti, PJ prese la tovaglia e facendo alzare suo padre lo asciugò.

– Fresco e pulito. Dentro e fuori. Il cliente è stato servito… – disse PJ scherzando

– Un servizio eccellente, garzone. Bravo. Fai i miei complimenti al padrone. Credo proprio che tornerò di nuovo qui… – e via di nuovo con le risate

Usciti dal bagno PJ entrò nella sua stanza e Pietro tornò nella camera da letto. Entrambi si rincontrarono pochi minuti dopo nel corridoio, vestiti. Si guardarono a vicenda per un po’ e poi scoppiarono a ridere di nuovo. Dopo l’intenso pomeriggio del giorno prima e quella mattinata, a padre e figlio pareva quasi strano vedersi a vicenda con dei vestiti addosso. Era arrivata l’ora di pranzo. PJ aiutò suo padre a cucinare. A chiunque l’avesse visto non sarebbe passato nemmeno per l’anticamera del cervello che Pietro, gattone grande e grosso, rude e virile, sapesse anche cucinare. E ancora più strano il constatare quanto la cosa gli piacesse. Meno male che lo sai fare, papà – pensò PJ tra sé – con mamma fuori di casa saresti diventato abbonato della consegna di pizza e polli. Pietro e PJ mangiarono un bel piatto di spaghetti al sugo con melanzane. Un piatto ricco. L’ideale per recuperare le forze che entrambi avevano perso a forza di schizzi di sperma. Dopo pranzo PJ aiutò il padre a pulire i piatti e poi entrambi si sedettero sul divano del salotto. Di nuovo li… erano vestiti ma entrambi si ricordavano bene quello che era successo la sopra. PJ e suo padre si guardarono e risero. Il ragazzo si avvicinò al padre. Abbassò la testa vicino alla sua ascella e fece un finto tiro col naso. Entrambi risero.

– Eheheheh sporcaccione! – Disse Pietro ridendo per l’orgoglio

Padre e figlio restarono sul divano a parlare del più e del meno e a guardare un po’ di tv. Verso le 16:30 del pomeriggio, PJ preparò la sua valigia e si accorse che non l’aveva nemmeno svuotata della biancheria sporca! D’altronde… e chiunque lo penserebbe, con tutte quelle emozioni chi se ne sarebbe ricordato?

– Oh, no! – esclamò PJ

– Che c’è, ragazzo? – l’esclamazione di PJ arrivò fino in fondo al corridoio

– Oh, niente papà… avevo dimenticato di svuotare la valigia dalla biancheria da lavare. Devo farlo prima di prepararla di nuovo coi vestiti puliti.

Proprio in bella vista, in cima a tutti quei panni da lavare, c’erano un paio di mutande di PJ. A Pietro non sfuggirono e così fermò PJ mettendosi davanti a lui mentre andava al bagno.

– Aspetta, ragazzo… – e prese quelle mutande. Col suo sorriso malandrino se le portò in faccia e con un respiro lungo le annusò. – Queste le metto io nella cesta della biancheria sporca, ragazzo. Quando non mi serviranno più.

– ahahahah papà… – disse PJ ridendo – Vuoi che ti metta da parte anche le altre mutande?

– Certo, ragazzo. Le voglio tutte…

PJ era così eccitato e contento che la voglia di tornare al college era messa a seria prova. Speriamo che questi giorni passino il più in fretta possibile! – pensava tra sé.

Ormai la valigia era pronta. Era ora di partire. PJ cercava di stare su ma il suo viso lo tradiva. Suo padre lo consolava.

– Dai, su… non ti preoccupare per me. Starò benissimo. E poi ci sentiamo tutti i giorni. Tu non mi lasci da solo, hai capito? Metti il naso sui libri e non ti preoccupare di nient’altro… – e gli accarezzò la guancia

– Va bene, papà. – disse PJ ma non sembrava convinto allora Pietro fece con tono serio

– Ragazzo, ascolta… E’ vero. In questo periodo sono stato un po’… un po’ triste e smorto. E confesso di essermi sentito meglio quando hai cominciato a passare i fine settimana con me per farmi compagnia. Però ragazzo… Guardami negli occhi: Tu pensi che io sia una nullità?

– No! Assolutamente no! – disse PJ dispiaciuto – Tu sei il gatto più forte del mondo e io… ho sempre desiderato essere forte come te…

– Bene. – Pietro poggiò la mano sulla spala di PJ – Allora abbi fiducia in me e credimi quando ti dico che io starò benissimo. Perché nonostante il mortorio che hai visto in questi ultimi tempi, io sono il gatto più forte del mondo, ragazzo! Posso mangiare in testa a chiunque! Anche a te. Quindi attento! – E Pietro fece l’occhiolino e sorrise, frizionando i capelli di PJ scherzosamente.

– Ti voglio bene, papà. – disse PJ sorridendo

– Anch’io.

Padre e figlio si abbracciarono e PJ uscì di casa. Arrivato in strada, prima di andare, PJ si girò e vide suo padre al balcone del salotto che lo salutava con la mano. Dopo aver visto suo figlio rispondere al suo saluto, Pietro vide PJ sparire dietro l’angolo per recarsi alla stazione e prendere il treno per Condor city. Avendo l’abbonamento per via degli spostamenti dei weekend, non ebbe bisogno di fare il biglietto. Già alla stazione che distava giusto quattro passi da casa sua, a PJ mancava il suo papà ma era sereno. Sapeva che lui sarebbe stato bene. Seguendo i suoi pensieri, PJ si ritrovò a ragionare sulla situazione dei suoi genitori. Non sarebbe durata a lungo così. Lui lo sapeva. Si sarebbero separati. La domanda era ‘Quando?’ PJ si augurava che fosse al più presto. Certo, a lui sarebbe dispiaciuto ma nel contempo sapeva che era meglio così. In fondo suo padre e sua madre non erano più una coppia già da parecchio tempo. Si trattava solo di ufficializzare la cosa. E poi è meglio avere due genitori separati ma felici che sposati e perennemente in guerra tra loro. La separazione però avrebbe anche significato che né PJ né sua sorella, avrebbero più rivisto la madre per un bel pezzo. Con tutti quei viaggi era impensabile che potendo scegliere se restare in città o trasferirsi vicino alla filiale della sua azienda di cui per ora stava curando gli affari, sua madre scegliesse di restare. Per una questione pratica, tra le altre cose. A PJ sarebbe dispiaciuto ma ciò che più lo preoccupava era come avrebbe reagito sua sorella. Come un figlio è solitamente più attaccato a suo padre, pensava, anche una figlia lo è verso la madre. Anche se in realtà PJ e sua sorella né avevano mai parlato tra loro della situazione dei genitori e né lui sapeva se lei era davvero legata di più a sua madre. Poteva anche non essere così… Ad ogni modo e qualsiasi cosa sarebbe accaduta, come fratello maggiore PJ sarebbe stato accanto alla sorella per sostenerla. Questo interrogativo su sua sorella, rimuginando nella sua testa, fece arrabbiare PJ. E che cazzo, mamma! Questo dannato lavoro è davvero così importate per te? Più di noi? – PJ voleva bene a sua madre e non si era mai schierato dalla parte di nessuno dei suoi genitori. Ma in quel momento perse la sua neutralità. L’assenza fisica di sua madre e la tristezza che la sua lontananza aveva su suo padre…se da un lato fece avvicinare ancora di più PJ a suo padre, dall’altro fece nascere in lui un astio nei confronti della madre. PJ era sempre riuscito a contenerlo ma quando a ciò si aggiunse il fatto che sua sorella Pistol avrebbe potuto soffrire, proprio non ci riuscì. Suo padre poche ore prima gli aveva detto che i problemi di marito e moglie riguardano solo loro ma è assurdo pensare che essi non abbiamo anche un impatto sui figli… PJ arrivò a pensare tutta una serie di cose brutte su sua madre che è meglio non riferire. Il ragazzo era del tutto trascinato dalla rabbia. Ma poi nella sua mente rivide il volto di suo padre triste. PJ lo sapeva che lui si sarebbe dispiaciuto se i loro problemi di coppia avessero incrinato il suo rapporto con la madre. Così come anche per Pistol. E poi il ragazzo prese anche coscienza che gli mancava il punto di vista di sua madre con cui mai si era confrontato. Gli dispiaceva anche per lei. Nonostante tutto infatti lo sapeva che sua madre gli voleva bene. A lui e a Pistol. Anche lei gli aveva dato la vita e insultarla come aveva fatto poco prima nella sua mente non era certo da buon figlio. PJ pianse pentito. Entrò subito nel treno poiché avrebbe voluto sfogarsi. Ma vedendo che c’erano già altri passeggeri si asciugo in fretta gli occhi per non attirare attenzioni e si sedette sul posto proprio davanti alle porte automatiche. Spero che questo dente cada il più presto possibile… – penso il ragazzo tra sé – per il bene di tutti. Dopo un po’ le porte automatiche del treno si chiusero e PJ avvertì lo spostamento. Il treno stava lasciando silenzioso la stazione di Eagle city.

[CONTINUA]


Spero che questa storia vi sia piaciuta. Nel caso aveste delle idee, spunti per altre storie potete contattarmi all’indirizzo stefano_339@yahoo.it o sulla mia pagina twitter.

fonte immagini: © loneliest-bara / artista sconosconosciuto, variante di furaffinity / scoobadex

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La redazione di Orsi Italiani è formata da amanti del genere bear, a cui piace raccontare il mondo gay degli orsi italiani.

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